lunedì 5 gennaio 2009

Zafferano


L’alba a Civitaretenga, in una tiepida mattina d’autunno del nostro arrivo, è scandita dal suono di piccole campanelle che ricordano la scena più erotica di Brivido caldo; quella in cui Matty Walzer (interpretata da Kathleen Turner) aspetta dietro le vetrate della sua villa uno sconosciuto incontrato poche ore prima in un bar di Miranda Beach, con il vento caldo che fa vibrare le campanelle e i sensi.
Ma non siamo in Florida e il suono è quello degli animali al pascolo nelle colline vicine. Un suono che giunge fino a noi grazie al silenzio rarefatto di questo luogo dallo strano nome.
Civitaretenga ha avuto un passato importante, scopriremo più tardi seguendo un gruppo di turisti americani che hanno scelto una vacanza in questi luoghi per conoscere da vicino gli usi e i costumi e i cibi di questa terra.
Qui ha infatti le radici la famiglia Santucci, che aveva tra i suoi componenti un monaco benedettino che, nel 1230, al Sinodo di Toledo fu uno dei protagonisti della nascita dell’Inquisizione.
Ma non per questo il monaco divenne famoso bensì per aver portato a Navelli, dalla Spagna, i semi del Crocus Sativus Linneo, più noto come Zafferano.
Otto secoli fa questo monaco cambiò la vita e le condizioni sociali della piana di Navelli, e da allora, tra alti e bassi, lo zafferano condiziona ancora le abitudini e l’economia di questa parte di terra italiana.
Dopo otto secoli un altro personaggio ha deciso di dedicare passione, fatica, impegno per lo zafferano di Navelli: Silvio Sarra, un uomo di settant’anni di cui la metà e forse più consacrati allo zafferano. Ma di lui parleremo dopo.
Ora sta albeggiando e si deve andare nei campi per cogliere i fiori dello zafferano. Ci muoviamo dalla casa-agriturismo di Silvio e di sua sorella Gina seguendoli sulla loro strepitosa Fiat Duna targata AQ230039. Dietro di noi un pulmino che immaginiamo essere di lavoranti assoldati da Silvio per la raccolta.
Infatti con noi si è raccomandato la puntualità “alle 7 così ci siamo tutti”, ci ha detto la sera prima. Un comitato d’onore tutto per noi? Questo piccolo peccato di ego è stato subito ridimensionato, quando, arrivati sul campo, dal pulmino vediamo scendere uomini e donne vestiti North Face da capo a piedi: turisti americani che stanno facendo una cooking class organizzata dal bravissimo Alessio Di Giulio di Ilex (acronimo di Italian Landscape Exploration).
Ma soprattutto americani che, armati di secchiello e sotto la benedizione di Silvio che ha sparso attorno a loro con fare propiziatorio i petali dello zafferano raccolto il giorno prima, si avventurano timidamente alla raccolta dei fiori.
“Prime luci dell’alba, solo così si possono raccogliere i fiori di zafferano, ancora chiusi, altrimenti diventa molto difficile sfiorarli” è la prima raccomandazione di Gina al gruppo di americani e a noi che seguiamo passo passo Gina e Silvio intenti in una raccolta con fare sapiente di chi sa.
Il campo non è particolarmente affascinante e chi come noi sperava di trovare manti color malva rimane leggermente deluso. Ma è una delusione di pochi attimi, che svanisce quando il racconto si fa più serrato ed intrigante.
“Solo ogni mattina noi sappiamo quanti fiori troveremo, a volte vere e proprie distese, altre piccole macchie fiorite”, questo è anche il fascino di questo fiore che sente moltissimo le più piccole variazioni climatiche. Ma lo zafferano si trova a Navelli perché il terreno è particolarmente vocato, chiediamo? “No”, ci risponde lapidario Silvio raccontandoci a suo modo la storia del monaco Santucci che, “tornato (nel 1230?) da Toledo nascose i semi nell’incavo del bastone da viaggio e li trapiantò qui.” Fantastico come la storia possa avere mille modi di essere raccontata.
Comincia a spuntare il primo sole. Il campo è stato completamente ripulito dai fiori, gli americani sono strafelici di aver lavorato in questo modo, le foto si sprecano, così come i sorrisi. La giornata comincia bene. Abruzzo, terra sincera, ripete Gina!
“Ed ora si va a casa, tutti, a fare colazione ma prima, intanto che noi prepariamo” ci suggerisce Silvio “andate a visitare Civitaretenga con gli americani: c’è da vedere il ghetto ebraico, il palazzo Santucci, la torre medievale”. Ci dispiace lasciare Silvio e Gina, infatti il nostro tour è stato rapido, anche perché all’alba avevamo già camminato in silenzio per le viuzze minuscole di Civitaretenga.
Entriamo in casa e il tavolo è un esplosione di color malva e rosso croco. Il lavoro di sfioratura è già iniziato, Silvio è velocissimo ad estrarre i tre pistilli di zafferano dal fiore. Io provo, con il terrore di rompere questi delicatissimi e preziosi fili. “Non preoccuparti, tra qualche minuto andrai più veloce e con l’abitudine potrai arrivare a sfiorare anche mille fiori ogni ora” afferma Silvio, mentre attorno al tavolo, oltre a lui, a Gina e al sottoscritto si accomodano anche gli americani. Tanti piccoli mucchietti di pistilli si accumulano, nuvolette quasi eteree dal peso di pochi milligrammi.
Una mattina insolita dove i ricordi di Silvio e Gina si sovrappongono alle loro riflessioni sul futuro di questa produzione, le leggende si mescolano ai racconti della seconda guerra mondiale quando queste montagne erano terreno di aspri scontri tra tedeschi e partigiani.
La più bella delle leggende è quella di Smilace, una ragazza bellissima preferita dal dio Ermes, ma innamorata di un giovane ragazzo che venne, per gelosia, tramuto dal dio in crocus, il fiore dello zafferano. Da allora lo zafferano è considerato simbolo di amore e di pace!
“Tutti attorno alla tavola per la colazione” invita Silvio. Bruschette con peperoncini abbrustoliti in un tegame di olio fumante, spicchi d’aglio cotti in camicia, vino rosso del contadino a volontà. Alle 9 del mattino è ciò che ci vuole, l’alba è un tempo ormai remoto.
Gina dov’è? chiediamo all’unisono.
La troviamo nell’altra stanza, sulla poltrona accanto al camino. La stessa dove suo padre ha trascorso oltre quarant’anni a controllare la tostatura dei pistilli. Un ritmo lento, lentissimo del setaccio sopra il fuoco, un movimento circolare che diffonde la tostatura in maniera uniforme. Lo zafferano è pronto. Per dieci anni può durare!

Nessun commento:

Posta un commento