lunedì 5 gennaio 2009

Il Boscaccio


“E ascolto le storie che mi racconta il grande fiume, e la gente dice di me «Più diventa vecchio e più diventa svanito» Invece non è vero perché io sono sempre stato svanito, grazie a Dio.”Eccolo, il Giovannino Guareschi che, in questo anno del suo centenario di nascita, viene riappropriato dal territorio. Lo ritroviamo sulla copertina del Centro del Boscaccio, il museo dedicato a lui, che si trova nella torre campanaria di Diolo, la frazione di Soragna dove il “duomo” è senza campanile. O meglio è a qualche centinaio di metri dalla chiesa e le campane suonano azionando un telecomando. Prodigi della tecnologia in una terra dove tutto scorre lento, muovendosi ancora al ritmo del Mondo Piccolo di guareschiana memoria.In questa torre, dieci anni fa, Cesare Bertozzi, l’amico di Giovanni Guareschi, si è messo a pulire, scrostare, ridipingere, facendo prezioso aiuto della sua storia di muratore per ricavare il museo e dedicarlo a lui: lo scrittore che ha portato agli occhi del mondo questo lembo di terra e le sue storie.Un museo insolito, di cimeli poveri ma ricchi di umanità e di emozione: le copie dei giornali del tempo, le lettere autografe di Giovannino, le fotografie tra cui una bellissima di una barca con il telo per fare il cinema sul Po, una immensa carta geografica della Bassa dipinta da Bertozzi sulla parete dove lui stesso ci indica i luoghi, gli aneddoti, le case. Si respira a pieni polmoni il Mondo Piccolo, ci si sente addosso tutto l’umore della Bassa, ci si perde nei racconti e si resta stupiti davanti ad un libro degli ospiti che porta firme da tutto il mondo.Ma ciò che colpisce è che Cesare Bertozzi è identico a Giovannino Guareschi.«A Fontanelle la mia famiglia, quella dei Guareschi e quella dei Faraboli hanno più di trecento anni di storia – racconta il Bertozzi –. Un qualche legame magari c’era anche. I baffi gli ho tagliati quando, di ritorno dal militare, tutti mi dicevano che assomigliavo a Giovannino. Ma poi ho incontrato Caterina, mia moglie, e a lei i miei baffi piacevano da matti».Ora, attorno ai sessant’anni Cesare Bertozzi può finalmente mostrarli orgoglioso, senza timore di essere preso in giro, e dover sopportare quanti restano stupefatti dalla somiglianza. «A Parigi, quando siamo andati nel 1993, mi fermavano per strada e nelle piazze. Ma la soddisfazione di scoprire, grazie a questo, quanto conosciuto e amato fosse Giovannino mi ha fatto superare ogni disagio».E’ il legame con Guareschi che lo ha portato ad allestire il museo che ha aperto i battenti il primo maggio 1998, nel novantesimo anno della nascita. «Dieci anni prima con gli “amici” avevamo messo una targa sulla sua casa natale a Fontanelle – ricorda Cesare – Ma lascia stare, non ce la lasceranno mai, la romperanno, mi dicevano i miei amici. L’unico modo per saperlo è metterla, ribattevo io. La targa è ancora lì».Oggi più nessuno divide tra destra e sinistra le situazioni e neppure le persone. Oggi il Giovannino è apprezzato da tutti per la sua straordinaria e fulminante scrittura, per il modo quasi fisico di raccontare le cose e le persone.Non è un caso che proprio a Fontanelle, in una terra “rossa”, ancora molto “rossa”, sia stato aperto il museo ufficiale, altrettanto bello, ma le cose che si trovano da Cesare Bertozzi sono uniche.E’ emozionante leggere la lettera che Giovannino mandava da Cervia al suo dottore con il resoconto del suo stato di salute, pochi mesi prima della sua scomparsa: «…mi dicono che il mare c’è, e tanto mi basta» concludeva Guareschi.Oppure ascoltare Cesare che sostiene, a ragion veduta probabilmente, che l’ispirazione per i personaggi più noti della letteratura guareschiana, Peppone e Don Camillo, derivava da Giovanni Faraboli, sindacalista nato a Fontanelle, e da Don Natale Bernini della Fossa, una frazione di Fontanelle. Alle loro diatribe e alla loro straordinaria umanità si ispirò Giovannino Guareschi.«Giovanni era uomo tutto d’un pezzo, lo dimostra la sua vita, il carcere - racconta Cesare Bertozzi –. Ma anche minuscoli episodi, tra cui quello di una gita in barca sul Taro con i suoi amici. Ad un certo punto Giovannino fece fermare la barca, ordinando il rientro. «Se procediamo di un metro sono fuori dai confini e sono ancora ai domiciliari». I suoi amici consideravano ridicolo essere così ligi, allora lui minacciò di tuffarsi e tornare a nuoto. Questo era Giovannino Guareschi».Il rispetto delle persone, delle istituzioni, del paesaggio. Nel Mondo Piccolo girava così. Oggi da queste parti un po’ lo è ancora, funziona ancora la stretta di mano al posto delle scritture private.L’insegnamento di Guareschi dovrebbe essere divulgato obbligatoriamente nelle scuole, almeno del Mondo Piccolo.Cesare e la sua dolcissima moglie Caterina, nel loro microcosmo, hanno però fatto una grande cosa: hanno stampato, a loro spese, dei quaderni che descrivono alcuni itinerari del territorio della Bassa, riportando con la loro calligrafia di persone vissute, brani tratti dai libri di Guareschi.Attraverso quei quaderni il turista può scoprire, con puntigliosa perfezione, i luoghi del Mondo Piccolo, apprezzandone la qualità della vita.Mentre parliamo con Cesare due giovani turisti lasciano la loro dedica sul grande quaderno degli ospiti «tornare indietro nel tempo che io e Davide non abbiamo vissuto, con questo bellissimo museo è stato assaporato».E mentre chiacchieriamo la campana scocca le 18, azionata dal telecomando dal duomo a poche decine di metri. Prodigi della tecnologia in una terra dove tutto scorre lento, anche il rintocco delle campane.

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