lunedì 5 gennaio 2009

Il paesaggio, difenderlo è un bel mestiere


Nel 1990 si sono sposati e hanno creato il vivaio, un nome semplice, diretto e senza tanti fronzoli, che rende subito l’idea. Danilo Pugni da Rivergaro e Marinella Bergomi da Roveleto di Cadeo lavorano insieme e, basta vederli, felici da diciotto anni. Il segreto? La passione.
Danilo per le rose, Marinella per i giardini pensili. A lei date un terrazzo e vi creerà dal nulla una magia di colori e profumi, un perfetto equilibrio tra luce e ombra. A lui date dei germogli o dei boccioli di rosa e non capisce più niente.
A furia di produrre piante oggi ne hanno 10.000 nel loro vivaio a San Bonico, cinque ettari di verde accessibili a chiunque voglia un suggerimento, un consiglio, un acquisto (anche solo di un fiore). Diventa difficile non essere felici del proprio lavoro quando, nelle belle sere d’estate, Danilo prima di andare a casa, passa nel vivaio e fa un bel mazzo di fiori da portare a Marinella.
Messa così sembra una favola ma non lo è. E’ una bella storia di un bel mestiere, lo stesso che al tempo del tardo medioevo si chiamava “Corporazione dei Fiorai”.
Oggi fare il vivaista significa tutelare il paesaggio, amarlo, esaltare il piacere degli occhi e della mente. Non è un caso che Danilo e Marinella abbiano mosso i loro primi passi collaborando con la piacentina Anna Scaravella, forse l’architetto di giardini più innovativo che opera in Italia. Con lei Danilo e Marinella hanno imparato a dare un indirizzo preciso alla loro attività, ad affinare il gusto compositivo. Ed oggi la loro riconosciuta fama deriva dal fatto che hanno scelto di produrre le piante ma in funzione di quello che il territorio piacentino, con le sue palesi diversità di clima è in grado di accogliere. La collina piacentina gode sempre di più di un clima mediterraneo – racconta Danilo – Perciò i nostri giardini cerchiamo di realizzarli con piante adatte a quel clima: dai lecci agli olivi, dal corbezzolo alla lavanda.”
Non è un caso che, da pochi anni, sia ripresa in Val Tidone la produzione di olio extravergine d’oliva, grazie alla messa a dimora da parte degli agricoltori di decine e decine di piante d’olivo. IOppure che sui muri antichi del borgo di Vigoleno cresca il cappero.
“Mentre la pianura, il cui clima è più rigido vede la prevalenza di piante autoctone quali il carpino, l’acero campestre, il corniolo, il nocciolo, tanto per citarne alcuni.”
Ma è il forte senso del paesaggio quello che scaturisce dai racconti appassionati che Danilo e Marinella fanno del loro lavoro. Quando raccontano che non abbandonano mai le loro piante dopo che hanno fattio un giardino, un po’ perché diventano quasi sempre amici dei committenti, un po’ perché è difficile stare lontani dalla bellezza di un luogo a cui si è contribuito.
Dalle loro affermazioni e soprattutto dal loro modo di porsi verso gli altri si intuisce quanto il paesaggio sia importante per il benessere delle persone. Ognuno di noi cerca luoghi con un senso di armonia e di vivacità. Il mestiere del vivaista contribuisce in maniera determinante a questo.
“Dovrebbero rendere il gelso patrimonio culturale” se ne esce Danilo mentre gli chiedo quale può essere, tra le tante varietà autoctone la pianta simbolo del paesaggio piacentino. Già, un tempo il gelso era la pianta che metteva ordine nei confini, che delimitava le coltivazioni, che serviva per tutte le necessità. Dalla sua legna al prestigioso baco da seta, un’attività magnificamente descritta da Baricco nel suo libro e film Seta.
“Da noi la campagna era piena di gelsi, che crescevano forti, ombrosi, robusti e poi, improvvisamente ogni due o tre inverni, diventavano bitorzoluti e monchi perché l’uomo ne usava ogni singola foglia e ramo. Ma ricrescevano in fretta. Oggi stanno scomparendo, sta scomparendo la pianta simbolo del nostro territorio.”
Un appello vero e proprio quello di Danilo che poi si mette a parlare delle centinaia di varietà di rose che produce nel suo vivaio: da quelle più antiche come la rosa Gallica, a quelle inglesi come la Pat Austin Ausmum dall'inusuale colore. La sua grande passione attorno a cui ha raccolto decine di estimatori.
Un mestiere che implica una conoscenza approfondita del territorio, del clima ma anche della sua storia e Piacenza di storia di giardini ne ha da vendere. Basti pensare alle centinaia di ville nobiliari che punteggiano il paesaggio provinciale oppure ai grandi palazzi del centro storico cittadino: un vero e proprio inno alla bellezza. Quella stessa a cui hanno contribuito, nel corso dei secoli, gli artigiani che le hanno costruite e che ora le mantengono in ottimo stato, e i vivaisti come Danilo e Marinella.
Del resto una manifestazione raffinata come la Cena Bianca che si tiene ogni anno in Piazza Sant’Antonino la prima sera d’estate li vede protagonisti volontari nell’allestimento floreale della piazza, come tutti gli altri organizzatori. Quando il loro camion con la piccola gru si allontana a festa finita riportando le piante al vivaio, la piazza è un po’ più triste.

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