lunedì 5 gennaio 2009

“Ero giovanissimo..


avevo tredici anni, quando ho cominciato a fare questo lavoro a Fiorenzuola, alla Cooperativa Fanin. A trenta ho aperto il Salumificio Alsenese, con altri soci, eravamo in sette persone a lavorare. Si insaccavano i salumi interamente a mano; per ottenere la grana grossa del salame ricordo che avevamo costruito a mano un rudimentale macinino.” Così inizia il racconto di Antonio Manini, oggi a capo del più grande salumificio piacentino, leader nella produzione dei salumi piacentini a Denominazione di Origine Protetta.
Quasi cento dipendenti per un’azienda che, credendo nella qualità, ha varcato i confini locali per diventare conosciuta su tutto il territorio nazionale.
Il Salumificio Alsenese si trova da sempre lungo la Via Emilia, uno degli assi più trafficati del nostro territorio e la scelta del luogo non è avvenuta per caso. Proprio in questa scelta sta una delle geniali intuizioni che caratterizzano questo imprenditore. Infatti, siamo nei primi anni ‘70, già allora Antonio Manini si poneva il problema dei servizi, collegati all’attività aziendale.
“Si trattava di decidere tra due ipotesi, o aprire il salumificio sulle colline, - racconta Manini – oppure scegliere un luogo dove il cliente poteva trovare facile accesso, con uno spaccio sempre aperto e soprattutto dove la logistica assumeva un ruolo strategico.”
La scelta è caduta su questa seconda ipotesi e venne individuato Alseno come sede dell’azienda. Oggi Alseno è una realtà economica e produttiva in fase di crescita, dopo aver attraversato momenti faticosi con la chiusura di due importanti fabbriche, e il salumificio è diventato un importante punto di riferimento per l’occupazione.
“Negli scorsi anni abbiamo assorbito, di concerto con il Comune e con i sindacati, buona parte delle maestranze di un’azienda locale che ha chiuso i battenti. – continua Manini – Eravamo in una fase di contrazione del mercato ma abbiamo deciso di investire sulle persone e sulla tecnologia. Per le persone era un atto dovuto ed oggi sono solo contento di quella scelta che, dopo un importante processo di formazione, mi permette di contare su manodopera qualificata.” Questo processo ha generato l’assunzione di tutti i dipendenti a tempo indeterminato e di due laureate in tecnologia alimentare, con il compito di seguire tutto il processo di filiera.
Dietro alle persone c’è stata la scelta della tecnologia che ha significato un ampliamento dei capannoni, nuovi macchinari per il preaffettato in vaschetta in atmosfera protettiva ma soprattutto, l’investimento in qualità.
“Siamo la provincia italiana che ha avuto la fortuna di ottenere la Denominazione di Origine Protetta su ben tre salumi, la Coppa, la Pancetta e il Salame. – prosegue Antonio Manini, ricordando gli anni in cui è stato presidente del Consorzio Salumi Tipici Piacentini – Nel periodo in cui sono stato presidente del Consorzio la Camera di Commercio ha dato vita ad un ente di certificazione, l’ECEPA, con il compito di controllare la filiera dei prodotti DOP. Io stesso ho fermamente creduto al valore di questo marchio ed oggi mi ritrovo con un patrimonio di esperienze e capacitò produttive che mi consentono di essere presente in ogni parte d’Italia con i miei salumi di Casa Manini.”
Casa Manini? chiediamo incuriositi.
“Si, perchè nella fase di cambiamento un amico mi pose questo quesito: hai un bel cognome, perfetto sul piano commerciale, perché non lo usi? Da lì ho cominciato ad utilizzare Casa Manini sui prodotti di fascia alta:”
Ma quanto pesa la produzione DOP sul resto?
“La mia azienda detiene il 45 % sull’intera produzione di salumi piacentini a Denominazione di Origine Protetta. Investire sulla DOP significa scegliere l’unicità di un territorio e di un prodotto, significa sottoporsi ad un rigido disciplinare che tutela il consumatore, significa avere la soddisfazione di essere scelto dai marchi commerciali più grandi ed importanti d’Italia. Senza la qualità unita alla capacità produttiva non saremo mai arrivati dove siamo ora.” Con queste parole Antonio Manini riassume il percorso che la sua azienda ha intrapreso dall’inizio del 2000.
Fino a pochi anni fa il consumo dei salumi era limitato a pochi prodotti, di basso costo: mortadella, veronella, cucciolata, pancetta, qualche volta il prosciutto crudo. Si mangiavano salumi buoni quando si usciva in trattoria o comprandoli direttamente dal contadino che aveva “fatto su” il maiale.
Progressivamente sono subentrate nuove esigenze alimentari e anche i salumi sono stati ripensati, mantenendo inalterate le tecniche di produzione ma conferendo loro maggiore qualità e garanzie per il consumatore.
L’azienda di Manini è stata sempre al passo, a volte anticipando i tempi, con questo percorso. Nel 1997 ha ottenuto la certificazione ISO 9001:2000, nel 2004 la ISO 14001:2000; nel 2001 è stato il primo salumificio dell’Emilia-Romagna ad ottenere la certificazione ambientale EMAS.
Attenta al cambiamento delle modalità di consumo – qual è la famiglia che compra una pancetta di otto chili? Si è chiesto Antonio – ha introdotto in azienda, con un fortissimo investimento, le linee per l’affettato in vaschetta. Oggi è l’unico produttore che mette in vaschetta i tre prodotti DOP piacentini.
Grazie a questa attenzione all’evoluzione dei consumi, per merito suo i salumi piacentini sono oggi conosciuti in ogni parte d’Italia.
In questi anni in azienda sono entrati la figlia Monica, che si occupa della parte amministrativa, e il genero Roberto, a capo della produzione. E Antonio continua a fare l’artigiano di questo mestiere, annusando, selezionando i salumi, conoscendo tutti i segreti di questo mestiere antico e salutando ogni suo dipendente ogni mattina, lui primo ad arrivare.

Nessun commento:

Posta un commento