“È attraverso una
delle strade più belle che conosca che si superano le Alpi selvagge del Tirolo,
una strada ampia, ben tenuta… Le svolte della strada sono dolci e s’avvertono
solo per il variare delle scene sempre grandiose e belle nell’ininterrotta
diversità”. Sembra il diario di un moderno viaggiatore tra le Alpi dell’Alto
Adige e invece queste parole le ha scritte nel 1789 il filologo austriaco
Gustav Meyer nel corso di un viaggio in Italia.
Da allora non è
cambiato molto in questa regione sotto il profilo paesaggistico e la cura dello
stesso. Una popolazione attenta ai luoghi in cui vive, che ne preserva la
qualità.
Lo si scopre
imboccando l’Alto Adige dalla Val Venosta, letteralmente circondati da migliaia
di meli in fiore. Oppure viaggiando lungo la più antica strada del vino
italiana: quella di Caldaro e Termeno, a sud di Bolzano, dove a farla da
padrone sono i vigneti.
Vino e mele sono
tra i prodotti altoatesini che si potranno degustare lungo il Miglio del Gusto
che si snoderà nel centro storico di Bolzano, dal 2 al 5 giugno, in occasione
del primo Festival del Gusto Alto Adige. Con essi i piccoli frutti, gli
ortaggi, il miele, la grappa, il pane, la carne bovina e lo Speck Alto Adige
IGP.
Proprio su
quest’ultimo si concentra l’interesse di queste pagine. Un prodotto che ha
forse la storia più antica di questa regione. Le prime notizie lo collocato tra
l’801 e l’813, nel Capitulare
Aquisgranense emanato da Carlo Magno in cui si descrive la dotazione dei
carri da guerra, comprese le riserve alimentari come “farinam, vinum,
baccones”, tradotto: farina, vino e speck.
Il termine Speck
fu utilizzato a partire dal Settecento, periodo in cui si affinarono anche i
metodi di produzione, rimasti inalterati fino ai nostri giorni: stagionatura,
da 20 a 32 settimane secondo il peso, e affumicatura sono i segreti di questo
salume ricavato da una precisa rifilatura delle cosce suine magre provenienti,
nel caso del prodotto a denominazione IGP. Una volta rifilate, le baffe di
speck vengono passate in una miscela di aromi e salmistrate in ambiente secco
per tre settimane. Il passaggio successivo è l’affumicatura.
Mentre il
disciplinare IGP prevede l’utilizzo di legna poco resinosa e ad una temperatura
non superiore ai 20°, le produzioni fatte in casa, nei masi altoatesini,
custodiscono gelosamente il segreto. Come scrive Siegfred W. De Rachewiltz nel
bel libro Lo Speck dell’Alto Adige:
“Ci sono tanti modi di affumicare lo speck quanti sono i contadini che lo
fanno… Come sempre la disponibilità è il fattore decisivo. Nella Bassa Atesina
si usano i polloni di vite, in Val Pusteria legno d’abete rosso e di pino, in
altre zone rami di abete bianco e legno di faggio… Ma quasi in nessuna zona si
rinuncia ai rami di ginepro, il cui fumo conferisce allo speck un sapore
leggermente aromatico e inoltre pare che ne migliori la conservabilità e le sue
proprietà salutistiche”.
“Secondo me, uno
speck di qualità deve avere le seguenti caratteristiche:un’affumicatura molto
lieve, che non sia invadente al naso e in bocca; deve essere poco salato; non
deve avere additivi chimici; deve essere composto per circa il 40% da grasso
(la parte bianca); deve essere ben stagionato, io riconosco uno speck ben
stagionato dal rumore che fa battendo sulla cotica con il manico del coltello;
deve essere duro e compatto al tatto (il pezzo intero, ovviamente!); quando
viene tagliato, il grasso deve fare come una “goccia”; il grasso si deve fare
sempre più rosa man mano che ci si avvicina alla carne”. Questa splendida
lezione la fa Karl Mayr, il proprietario del Pretzhof, un maso in Val di Vizze,
con osteria e bottega del vino, gestito dalla famiglia Mayr dal 1695.
“Il nostro speck
viene fatto con la carne dei maiali da noi allevati, di razza deutsches
Landschwein. Per lo speck viene utilizzata la carne delle scrofe
(preferibilmente che abbiano figliato almeno una volta), che vengono alimentate
“a secco” con paglia, fieno, erba, verdura, patate e cereali. Non diamo loro,
insomma, scarti di cucina o avanzi di cibo. Tutti i nostri animali, non solo i
maiali da speck, vengono macellati senza essere sottoposti a stress o torture,
nella maniera più naturale possibile. I maiali da speck vengono poi lavorati
freschi (la carne non viene fatta frollare). Il mix di sale di altissima
qualità e di spezie fresche è poi il segreto che rende unico il nostro speck”.
Nella cucina
tradizionale lo speck serviva a coprire il fabbisogno di grassi; veniva
consumato nei campi, come sostegno alimentare durante i lavori; infine era il
prodotto per le occasioni di festa. Oggi il salume altoatesino, anche grazie
all’IGP tutelata da un consorzio che raggruppa 28 produttori accomunati
dall’artigianalità, ha raggiunto un elevato posizionamento sul mercato italiano
ed estero.
“La produzione di Speck Alto Adige nel 2010 è cresciuta del 9,6%
rispetto al 2009 (in totale 2.392.842 baffe). Parallelamente all'incremento
della produzione di speck marchiato è cresciuta anche la produzione complessiva
dei produttori riconosciuti dal Consorzio, con un incremento del 10%. In totale
sono state prodotte 6.119.763 baffe” comunicano dal consorzio di tutela.
Oltre ad accedere ai molti laboratori
artigianali di produzione esiste un momento e un luogo ideale per scoprire
tutto, ma proprio tutto di questo salume: è la Festa dello Speck che si tiene
ogni anno a S. Magdalena, in Val di Funes. Quest’anno l’appuntamento è in
programma dal 30 settembre al 2 ottobre, il periodo in cui l’Alto Adige indossa
i suoi colori più belli, quelli rossi dell’autunno alle porte.
Ma come si sente quando lo speck è
davvero buono?
“Gustandolo da
solo, con un po’ di rafano e una fetta di pane di segale, abbinandolo ad un
buon bicchiere di Schiava Santa Maddalena. Se invece è estate va bene anche un
vino bianco leggero – suggerisce Willi Alber, il titolare dello storico Wirtshaus
Vögele, locale esistente nel cuore di Bolzano dal 1840, dove pare che si sia
fermato Johann Wolfgang von Goethe, nella sua prima tappa del viaggio in Italia.
“Noi utilizziamo lo speck IGP Alto Adige, perché sta riscontrando un
crescente interesse” conclude Alber, mentre le stesse sensazioni le conferma
Peter Foppa, noto grossista altoatesino specializzato nel food service: “Secondo me é importante per lo speck in generale che abbia
ricevuto l' IGP per una questione di buona comunicazione. Noi abbiamo iniziato
a venderlo da poche settimane, con buoni risultati. Continueremo, in ogni caso,
a vendere anche speck di ottima qualità, anche se non IGP”.
“Il rapporto tra produzione di Speck Alto Adige
marchiato e la produzione di speck totale è del 39%, valore che rispecchia
quello degli anni precedenti” è il dato dichiarato dal consorzio di tutela.
Luigi Franchi
Pubblicato su
Catering, rivista della ristorazione e
dei consumi fuori casa – Maggio 2011
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