lunedì 31 ottobre 2011

Lo Speck Alto Adige, un segreto tramandato

“È attraverso una delle strade più belle che conosca che si superano le Alpi selvagge del Tirolo, una strada ampia, ben tenuta… Le svolte della strada sono dolci e s’avvertono solo per il variare delle scene sempre grandiose e belle nell’ininterrotta diversità”. Sembra il diario di un moderno viaggiatore tra le Alpi dell’Alto Adige e invece queste parole le ha scritte nel 1789 il filologo austriaco Gustav Meyer nel corso di un viaggio in Italia.
Da allora non è cambiato molto in questa regione sotto il profilo paesaggistico e la cura dello stesso. Una popolazione attenta ai luoghi in cui vive, che ne preserva la qualità.
Lo si scopre imboccando l’Alto Adige dalla Val Venosta, letteralmente circondati da migliaia di meli in fiore. Oppure viaggiando lungo la più antica strada del vino italiana: quella di Caldaro e Termeno, a sud di Bolzano, dove a farla da padrone sono i vigneti.
Vino e mele sono tra i prodotti altoatesini che si potranno degustare lungo il Miglio del Gusto che si snoderà nel centro storico di Bolzano, dal 2 al 5 giugno, in occasione del primo Festival del Gusto Alto Adige. Con essi i piccoli frutti, gli ortaggi, il miele, la grappa, il pane, la carne bovina e lo Speck Alto Adige IGP.
Proprio su quest’ultimo si concentra l’interesse di queste pagine. Un prodotto che ha forse la storia più antica di questa regione. Le prime notizie lo collocato tra l’801 e l’813, nel Capitulare Aquisgranense emanato da Carlo Magno in cui si descrive la dotazione dei carri da guerra, comprese le riserve alimentari come “farinam, vinum, baccones”, tradotto: farina, vino e speck.
Il termine Speck fu utilizzato a partire dal Settecento, periodo in cui si affinarono anche i metodi di produzione, rimasti inalterati fino ai nostri giorni: stagionatura, da 20 a 32 settimane secondo il peso, e affumicatura sono i segreti di questo salume ricavato da una precisa rifilatura delle cosce suine magre provenienti, nel caso del prodotto a denominazione IGP. Una volta rifilate, le baffe di speck vengono passate in una miscela di aromi e salmistrate in ambiente secco per tre settimane. Il passaggio successivo è l’affumicatura.
Mentre il disciplinare IGP prevede l’utilizzo di legna poco resinosa e ad una temperatura non superiore ai 20°, le produzioni fatte in casa, nei masi altoatesini, custodiscono gelosamente il segreto. Come scrive Siegfred W. De Rachewiltz nel bel libro Lo Speck dell’Alto Adige: “Ci sono tanti modi di affumicare lo speck quanti sono i contadini che lo fanno… Come sempre la disponibilità è il fattore decisivo. Nella Bassa Atesina si usano i polloni di vite, in Val Pusteria legno d’abete rosso e di pino, in altre zone rami di abete bianco e legno di faggio… Ma quasi in nessuna zona si rinuncia ai rami di ginepro, il cui fumo conferisce allo speck un sapore leggermente aromatico e inoltre pare che ne migliori la conservabilità e le sue proprietà salutistiche”.
“Secondo me, uno speck di qualità deve avere le seguenti caratteristiche:un’affumicatura molto lieve, che non sia invadente al naso e in bocca; deve essere poco salato; non deve avere additivi chimici; deve essere composto per circa il 40% da grasso (la parte bianca); deve essere ben stagionato, io riconosco uno speck ben stagionato dal rumore che fa battendo sulla cotica con il manico del coltello; deve essere duro e compatto al tatto (il pezzo intero, ovviamente!); quando viene tagliato, il grasso deve fare come una “goccia”; il grasso si deve fare sempre più rosa man mano che ci si avvicina alla carne”. Questa splendida lezione la fa Karl Mayr, il proprietario del Pretzhof, un maso in Val di Vizze, con osteria e bottega del vino, gestito dalla famiglia Mayr dal 1695.
“Il nostro speck viene fatto con la carne dei maiali da noi allevati, di razza deutsches Landschwein. Per lo speck viene utilizzata la carne delle scrofe (preferibilmente che abbiano figliato almeno una volta), che vengono alimentate “a secco” con paglia, fieno, erba, verdura, patate e cereali. Non diamo loro, insomma, scarti di cucina o avanzi di cibo. Tutti i nostri animali, non solo i maiali da speck, vengono macellati senza essere sottoposti a stress o torture, nella maniera più naturale possibile. I maiali da speck vengono poi lavorati freschi (la carne non viene fatta frollare). Il mix di sale di altissima qualità e di spezie fresche è poi il segreto che rende unico il nostro speck”.
Nella cucina tradizionale lo speck serviva a coprire il fabbisogno di grassi; veniva consumato nei campi, come sostegno alimentare durante i lavori; infine era il prodotto per le occasioni di festa. Oggi il salume altoatesino, anche grazie all’IGP tutelata da un consorzio che raggruppa 28 produttori accomunati dall’artigianalità, ha raggiunto un elevato posizionamento sul mercato italiano ed estero.
La produzione di Speck Alto Adige nel 2010 è cresciuta del 9,6% rispetto al 2009 (in totale 2.392.842 baffe). Parallelamente all'incremento della produzione di speck marchiato è cresciuta anche la produzione complessiva dei produttori riconosciuti dal Consorzio, con un incremento del 10%. In totale sono state prodotte 6.119.763 baffe” comunicano dal consorzio di tutela.
Oltre ad accedere ai molti laboratori artigianali di produzione esiste un momento e un luogo ideale per scoprire tutto, ma proprio tutto di questo salume: è la Festa dello Speck che si tiene ogni anno a S. Magdalena, in Val di Funes. Quest’anno l’appuntamento è in programma dal 30 settembre al 2 ottobre, il periodo in cui l’Alto Adige indossa i suoi colori più belli, quelli rossi dell’autunno alle porte.

Ma come si sente quando lo speck è davvero buono?
“Gustandolo da solo, con un po’ di rafano e una fetta di pane di segale, abbinandolo ad un buon bicchiere di Schiava Santa Maddalena. Se invece è estate va bene anche un vino bianco leggero – suggerisce Willi Alber, il titolare dello storico Wirtshaus Vögele, locale esistente nel cuore di Bolzano dal 1840, dove pare che si sia fermato Johann Wolfgang von Goethe, nella sua prima tappa del viaggio in Italia.
“Noi utilizziamo lo speck IGP Alto Adige, perché sta riscontrando un crescente interesse” conclude Alber, mentre le stesse sensazioni le conferma Peter Foppa, noto grossista altoatesino specializzato nel food service: “Secondo me é importante per lo speck in generale che abbia ricevuto l' IGP per una questione di buona comunicazione. Noi abbiamo iniziato a venderlo da poche settimane, con buoni risultati. Continueremo, in ogni caso, a vendere anche speck di ottima qualità, anche se non IGP”.
Il rapporto tra produzione di Speck Alto Adige marchiato e la produzione di speck totale è del 39%, valore che rispecchia quello degli anni precedenti” è il dato dichiarato dal consorzio di tutela.

Luigi Franchi

Pubblicato su Catering, rivista della ristorazione  e dei consumi fuori casa – Maggio 2011

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