lunedì 31 ottobre 2011

I Bartolini





L’occasione mi è offerta dall’evento Un mare di sapori che l’Assessorato all’agricoltura della Regione Emilia-Romagna organizza ogni anno sulla riviera romagnola per la promozione dei prodotti tipici della sua fertilissima terra; a Cesenatico, in una bella sera d’estate sul molo, si presentava la guida dei vini dell’Emilia-Romagna, con degustazione e abbinamenti a prosciutto crudo, salumi piacentini, parmigiano-reggiano e molte altre magnifiche specialità.
Poco prima della manifestazione, passeggiando lungo il porto-canale progettato da Leonardo Da Vinci, mi imbatto in un cartello che recita “per favore non chiedeteci spaghetti allo scoglio perché a Cesenatico gli scogli non ci sono”.
Il cartello è appeso all’esterno dell’Osteria del Gran Fritto, le cui pareti aumentano la mia curiosità: due lunghissimi dipinti di marine adriatiche accompagnano all’interno in una sorta di ipnotica meraviglia. Otto metri di lunghezza per circa sessanta centimetri di altezza di mari blu, nuvole bianchissime, linee di sabbia interrotte da capanni coloratissimi e una firma, quella di Tinin Mantegazza.
Un nome che mi riporta a quando, giovane padre agli inizi degli anni ‘90, non mi perdevo una puntata televisiva dell’ Albero Azzurro insieme a mio figlio: lui, regista, autore, pittore, organizzatore teatrale, storico, giornalista, era stato l’inventore del pupazzo Dodò.
Tinin mi porta un quadro ogni vigilia di Natale e, in cambio, io gli organizzo una gran cena con tutti i nostri amici mangiari.” Comincia così la conversazione con Stefano Bartolini che mi accompagna nella seconda sala dell’osteria dove sono esposte enormi bellissime fotografie in bianco e nero della Cesenatico anni ’50, tra cui quella di suo padre pescatore che farebbe invidia ad un attore hollywoodiano tanto è intenso il suo viso.
Era un’intera famiglia di pescatori quella dei Bartolini, da generazioni. Poi mio padre Marcello decise di diventare oste per passione, seguendo le orme di mio zio Titon, negli anni ’60 vero mito gastronomico di Cesenatico.” Stefano Bartolini è la rappresentazione dello stile romagnolo, uno di quelli che ha reso famosa nel mondo questa riviera italiana: allegro, sempre, capace di prendersi in giro, verace nei modi e nelle espressioni gergali oltreché nei desideri.
Ho cominciato nel 1985, rilevando un locale che si chiamava La buca d’Amalfi… a Cesenatico!! Ho tolto d’Amalfi ed è nata La Buca, dove altro non ho fatto che proporre i sapori, gli odori, i pesci del nostro mare. Poi, nel 1999, l’inizio dell’avventura dell’Osteria del Gran Fritto, nata per caso dall’atmosfera di grande convivialità di una cena a casa mia con il pesce pescato da Andrea Tosi. Voglio riprodurre questa condizione di assoluto piacere, mi sono detto.”
Da quel momento un crescendo di successi, di idee, di innovazione sempre e comunque coniugata alle origini, alla bellezza del porto-canale su cui si affacciano le verande dei due locali. Stefano mi porta con sé, mentre va a scegliere il pescato della sera, al mercato sulla riva opposta del porto, lui in bicicletta e io a piedi affascinato dai colori delle case e delle vele che si riflettono nel canale. Il breve tragitto è un continuo trillare del cellulare a cui arrivano le prenotazioni, forse l’unico patron che prende le prenotazioni in bicicletta. Questa è vita!
Il pesce poi finirà nei due locali, in bella mostra nella grande vetrata della Buca, da cui il cliente può scegliere. L’idea della cucina a vista l’ha avuta Andrea, il figlio architetto che, il giorno dopo la laurea, ha detto a Stefano: “sono pronto a fare l’oste.
Il primo lavoro è stato proprio quello di separare i due locali, con target diversi di clientela e di proposte. Un format che i Bartolini hanno replicato a Milano Marittima dove, in un grande locale in riva al mare, hanno aperto un’altra Osteria del Gran Fritto a pianoterra e la Terrazza Bartolini al piano superiore.
Un luogo che definir emozionante è dir poco: un’enorme vasca di marmo costantemente ghiacciata troneggia al centro della sala, ogni giorno curata personalmente da Luigi Quadrelli: “un amico e uno dei pochi veri pescivendoli rimasti”, lo descrive Stefano.
In sala, a coordinare il tutto, c’è Andrea, l’architetto-oste: “Non potevo fare altro. Mio nonno Marcello mi ha tirato su a sardoncini, moletti e poverazze (le vongole dell’Adriatico ndr). Nel ristorante sono cresciuto, facevo i compiti, mangiavo a mezzogiorno e sera,  giocavo. Ho visto passare migliaia di persone. Non sarei riuscito a farne a meno.
Mai decisione fu più apprezzata dai clienti, dagli amici e da suo padre Stefano che mi mostra con malcelato orgoglio tutto quello che Andrea ha portato di buono e di nuovo nei loro quattro locali, “tranne una cosa”, mi dice mentre apre la porta del bagno al Ristorante La Buca: ad altezza occhi Stefano ha fatto installare un monitor su cui passano a ripetizione spezzoni di cartoni animati a tema gastronomico. Piccolo tocco di ironia romagnola.
Come quella con cui mi descrive il suo prossimo desiderio: “L’ho già individuato, è un edificio vicino al molo. Sarà lì che andrò, una volta in pensione, ad aprire un locale con due dei miei storici collaboratori: serviremo solo bicchieri di vino con poverazze, piadina e poco altro. Il nome c’è già: i tre dinosauri.
A cena, la sera dopo il nostro occasionale incontro, non avevo che l’imbarazzo della scelta ed è caduta sull’Osteria del Gran Fritto, sulla voglia di vivere davvero e fino in fondo il piacere di questo mare e di questa terra. Un menu ricchissimo di tutte le specialità romagnole, tranne “gli spaghetti allo scoglio”. Indimenticabile il risotto, che Stefano ha definito “di una volta”: zanchette, paganelli, saraghine e altri pesci piccoli dell’Adriatico restano a cuocere per ore in acqua e conserva di pomodoro, in cui poi viene gettato il riso.
Il risultato è un risotto che sa di mare in maniera prepotente, ma senza più un pezzetto di pesce.

Luigi Franchi

Pubblicato su Food&Beverage- Ottobre 2010
www.stefanobartolini.com

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