“La Doc Sicilia ci darà l’opportunità di
valorizzare la produzione siciliana sotto diversi punti di vista; la qualità
sarà maggiore, basti pensare per esempio che per fregiarsi della Doc i vini
dovranno essere ottenuti da rese per ettaro inferiori rispetto a quanto
avveniva con la Igt Sicilia; il consumatore sarà ancora più tutelato in quanto
con l’entrata a pieno regime delle DOP, i controlli sui vini saranno
raddoppiati e avverranno prima e dopo l’imbottigliamento; poter puntare tutti
sul brand Sicilia ci permetterà di essere più facilmente riconoscibili e quindi
appetibili agli occhi del consumatore straniero. Non da ultimo, la Doc Sicilia
offre il vantaggio di poter accedere con più facilità ai fondi che l’Unione
Europea mette a disposizione per la promozione attraverso la OCM Vino. L’importante
è che i soldi si spendano bene”, è il commento di Antonio Rallo, della
prestigiosa azienda Donnafugata, che inizia il suo mandato di presidente di
Assovini Sicilia in concomitanza con l’approvazione del nuovo disciplinare che
racchiude, dopo un lungo iter, i vini dell’isola sotto un’unica insegna: Doc
Sicilia.
Nella nuova
denominazione vengono incluse nove tipologie, tra cui i conosciuti Insolia, Cataratto,
Nero d’Avola, Nerello Mascalese, Frappato e Grillo, a cui vengono aggiunte le
versioni Passito, Vendemmia tardiva, Spumante e Liquoroso. Le uve destinate
alla produzione dei vini a denominazione di origine controllata
"Sicìlia" devono provenire da vigneti coltivati nel territorio della
Regione Sicilia.
“Abbiamo
manifestato il nostro interesse all’iniziativa mirata ad ottenere il
riconoscimento della Doc Sicilia, ritenendola importante al fine della
rivalutazione della storicità del vino e della vocazione vitivinicola
territoriale della nostra isola. – sostiene Carmelo Bonetta, dell’azienda
Baglio del Cristo di Campobello, che quest’anno ha ottenuto un notevole numero
di riconoscimenti - I benefici che si potrebbero trarre sono tanti, a
cominciare dall’immediata comunicazione e riconoscibilità, da parte dei mercati
internazionali, dei nostri vini, rafforzando il positivo momento che essi
stanno vivendo. Riteniamo, però, che la
Doc Sicilia poteva raggiungere più facilmente questi risultati se
non fosse stata data la possibilità di imbottigliare anche
fuori dalla Sicilia. Tuttavia noi ci sentiamo impegnati a scommettere
sulle positive sinergie che la stessa può generare”.
Effettivamente
il disciplinare prevede che si possa imbottigliare anche fuori dall’isola, pur
in presenza di limitazioni. Ma la soddisfazione resta alta tra gli imprenditori
come conferma Diego Cusumano dell’omonima cantina: “Abbiamo fatto un grande
passo avanti. La parola Sicilia è una delle più conosciute al mondo e riveste
uno straordinario valore nell’immaginario. Non ultimo è una risposta a quello
che il mercato richiede, ovvero chiarezza e semplificazione”.
Attorno al risultato l’approccio è razionale da
parte dei produttori, con una serie di riflessioni che esprimono la necessità
di mettere al centro la qualità, prima ancora che il nome.
“Parto dalla premessa che a mio avviso la Doc
debba essere legata a doppio filo con il concetto di terroir che è la complessa
interazione fra condizioni climatiche, tipo di terreno ecc., che deve essere
alla base delle diversità e dell'originalità dei vini prodotti in un territorio
e quindi, riunire tutto sotto un cappello Doc Sicilia mi sembra culturalmente
sbagliato. – afferma Andrea Cabib, direttore commerciale dell’azienda Feudi del
Pisciotto - Tuttavia se
un'unica Doc Sicilia contribuirà a diffondere il nome Sicilia in giro per il
mondo, rafforzando l'immagine delle singole denominazioni locali, allora potrà
essere un successo, e se questa poi potrà servire per proteggere i nostri vini
e le loro tipicità....ben venga!”
"Sinceramente credo che la Sicilia, anziché riproporre qualcosa
che già esiste, avrebbe dovuto essere la prima regione a creare qualcosa di
finalmente innovativo confermando così la sua tradizionale vocazione
verso tutto ciò che è avanguardia. In ogni caso la Sicilia è una regione grande
e ricca di peculiarità che caratterizzano zone molto diverse tra loro e
assolutamente uniche, lavorare su una DOC Sicilia secondo noi significa in
qualche modo appiattire un territorio che invece andrebbe valorizzato nelle sue
singole parti. Credo sarebbe stato al limite più interessante creare
delle DOC specifiche per i vari territori, come quella dell'Etna, per dare
maggior valore alle diversità. In sintesi non penso quindi che il vino
siciliano ricaverà benefici particolari da questa operazione", è
l’opinione di Filippo Cesarini
Sforza - Direttore Generale Duca di Salaparuta. Dibattito che rivela una
complessità di analisi che il presidente di Assovini, Antonio Rallo, prova a
riassumere con un obiettivo: “Tra le prime iniziative c’è quella di
accompagnare gli associati verso l’adesione di questo nuovo quadro normativo e
di collaborare con tutti gli altri soggetti della scena produttiva per la
costituzione di un Consorzio che gestisca la Doc Sicilia”.
Luigi Franchi
Pubblicato su Catering,
rivista della ristorazione e dei consumi
fuori casa – Settembre 2011
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