“I germogli di mais sono i più apprezzati” esordisce
Stefano Gibellini, di Alimentaria, azienda di distribuzione spezzina
specializzata nella selezione di prodotti di alta gamma.
“Quelli di bietola rossa fanno impazzire gli chef per il
loro bellissimo colore, perfetto per la guarnizione”, gli fa eco Pietro
Farnedi, dalle terre romagnole dove ha impiantato la sua azienda di germogli
Vivo.
“Io utilizzo, quando è stagione, gli orapi, degli spinaci
selvatici che sono meravigliosi per il ripieno dei nostri ravioli selvatici”,
interviene Enzo Barnabei dalla sua Osteria degli Ulivi, che ha riaperto, dopo
essere stato distrutto dal terremoto abruzzese, a Montorio al Vomano ai piedi
del Gran Sasso, dove nascono più di erbe aromatiche ed officinali.
Il terzo millennio è un fiorire, nel senso letterale del
termine, di utilizzo delle erbe in cucina, abitudine mai scomparsa ma che oggi
assume un ruolo centrale nelle proposte culinarie di molti chef. Forse esprime
un bisogno di benessere o forse un desiderio di portare alla luce, attraverso
il cromatismo che le erbe e i fiori eduli conferiscono al piatto, l’aspetto
artistico che una buona cucina porta con sé. Di certo sarebbe felice di tutto
questo nuovo umanesimo delle erbe Vincenzo Corrado, l’autore del primo
ricettario con le erbe stampato a Napoli nel 1781.
Un menu natura contemporaneo lo troviamo invece nelle
proposte di Stefano Masanti, patron del ristorante Al Cantinone, a Madesimo, in
Valtellina. “Viverci in mezzo alla natura porta naturalmente ad amarla. Siamo
circondati da boschi e prati dove raccogliamo direttamente le erbe. Una
passione – racconta lo chef – che è nata una decina d’anni fa, ascoltando i
racconti delle signore più anziane di Madesimo. Grazie a loro ho scoperto
l’Achillea moscata, che qui cresce spontanea, e le se proprietà che stimolano
l’appetito”.Nel suo menu si trovano la trota di torrente con latte all'
achillea e spuma di patate, il porcino con crema di gemme di abete e pistacchi,
il risotto affumicato con erba silene dei pascoli.
“La tendenza all’utilizzo di erbe e germogli si è imposta
rapidamente, in questi ultimi anni” racconta Pietro Farnedi, autore di una
personalissima campagna di protesta e precisazione ai tempi del batterio e.coli
che puntava a fare chiarezza e contrastare l’impatto mediatico che aveva creato
una grave crisi anche in Italia, nonostante l’elevatissima qualità e sicurezza
delle coltivazioni.
Farnedi, dopo una vita professionale trascorsa in giro
per il mondo come dirigente di una multinazionale, decise che era venuto il
momento di dare un suo personale contributo al mangiar sano: “Avevo notato
questa abitudine al consumo di germogli in molte aree, soprattutto nel
nord-Europa. Sei anni fa decisi di dedicarmi a quest’attività rigorosamente
biologica. Oggi produciamo più di venti
referenze di germogli che crescono, a temperatura controllata, in un arco di
tempo che va dai tre ai sette giorni, per poi prendere immediatamente la strada
della ristorazione. C’è ancora una predominanza, da parte degli chef, a
valorizzare l’aspetto cromatico e la sapidità dei germogli, più che quello
salutistico, ma è già un grande passo avanti. Soprattutto quando resto
affascinato dalla capacità di molti cuochi a tirar fuori sapori da germogli,
come appunto la bietola rossa, che in origine sono sgradevoli; la perfetta
dosatura ne esalta invece il profumo di sottobosco”. Germogli che, va
puntualizzato, sono interamente prodotti e certificati in Italia.
Ma produrre erbe per la ristorazione significa anche
generare innovazione come quella dell’olandese Koppert Cress che, per la gamma
di referenze, ha scelto un nome intrigante ed esemplificativo: Architecture Aromatique.
“L’azienda coltiva i micro-ortaggi che vengono fatti
crescere su un letto di fibre naturali,
in completa e igienica assenza di terriccio e in regime biologico. Dalle
serre arriva direttamente al ristorante, in ogni parte d’Europa, con consegne
settimanali. Per l’Italia spediamo, con i mezzi che trasportano ortofrutta, crca
40.000 cassettine a settimana” spiega Enrico Zallot, anche lui una vita da
manager in una multinazionale e poi l’amore per la coltivazione, responsabile
commerciale per l’Italia.
Le piantine sono pensate per arricchire i sapori del
piatto, crearne di nuovi e, perché no, far uscire la componente ludica del cibo
invogliando i commensali ad individuarne i sapori come l’elettrico sechuan
button o l’oyster leaves.
“Un mondo affascinante, quello delle erbe, che ci impone
di adeguare anche il nostro lavoro, garantendo efficienza e rapidità di
consegne” puntualizza Stefano Gibellini di Alimentaria che, in questa gara a
chi conosce più erbe, vuole avere l’ultima parola con una saggia riflessione:
“Si mangia molto bene anche con la vista”. Che l’arte vinca? Più probabilmente
va d’accordo con una cucina che fa bene.
Luigi Franchi
Pubblicato su Catering,
rivista della ristorazione e dei consumi
fuori casa – Settembre 2011
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