martedì 1 novembre 2011

La nuova guida di Identità golose, tra le energie per il futuro e il grande palcoscenico della cucina italiana


“I soldi servono per poter continuare a fare bene questo lavoro che impone ricerca, sperimentazione, possibilità di scoprire, conoscere e confrontarsi con altri chef”. La frase è estrapolata dal breve emozionatissimo discorso di ringraziamento per il premio Sorpresa dell’Anno, assegnato dalla guida di Identità Golose di Palo Marchi, che ha fatto ieri Lorenzo Cogo, del ristorante El Coq di Marano Vicentino. Ed è stato il più sincero discorso che ho sentito in questi ultimi mesi, che ha messo il dito nella piaga di questo mestiere, ne ha portato a galla tutte le difficoltà e i bisogni di capire per crescere.
Complimenti quindi a Paolo Marchi e a tutto il suo staff di 103 autori per aver scelto Lorenzo e per aver scelto!
Il loro è un modo chiaro e diverso di fare critica gastronomica, credendo e difendendo le conseguenti scelte che ne derivano. Ma altrettanto sostegno a chi, come Lorenzo Cogo, o Aurora Mazzucchelli del ristorante Aurora di Sasso Marconi (migliore chef donna), o ancora Giovanni Passerini del bistrot Rino a Parigi (miglior chef straniero),  e Francesco Assenza del Caffè Sicilia di Noto (miglior artigiano), ogni giorno fanno i conti con qualcosa che la fama e la notorietà non gli hanno ancora dato: il dover contare esclusivamente sul proprio lavoro. Cito questi quattro perché accomunati dalle medesime emozioni che, nel corso della presentazione, trasparivano in maniera evidente. Ma le loro storie sono semplicemente quelle che ieri venivano alla luce in un contesto pubblico. Insieme a quelle degli altri premiati: Paolo Lopriore del ristorante Il Canto di Siena (miglior chef), Federico Zanasi e Luca Abbadir del Clandestino di Portonovo e della Madonnina del Pescatore di Senigallia (migliori sous-chef), Nino di Costanzo del ristorante Il Mosaico del Terme Manzi Hotel (premio Birra in cucina), Chiara Patracchini del ristorante La Credenza di San Maurizio Canavese (miglior chef pasticciere), Cristiana Romito del ristorante Reale di Castel di Sangro (miglior maître), Marco Reitano del ristorante La Pergola dell’Hotel Rome Cavalieri di Roma (miglior sommelier), Marco, Paolo e Vittorio Colleoni del ristorante San Martino di Treviglio (premio Giovane famiglia) ed Errica Tamani della Gazzetta di Parma (miglior giornalista).
Leggendo la guida è evidente il senso che la distingue: oltre ai già noti che qui vengono raccontati in maniera più originale, emerge il significativo lavoro di scouting fatto dai 103, coordinati da Gabriele Zanatta, accolto in sala da una vera e propria standing ovation, che raccontano di 646 ristoranti nel mondo, di cui 474 italiani.
E se non bastasse, viene in soccorso della filosofia della guida la frase di Antonio Albanese, che ha scritto per la guida un piccolo illuminante saggio dal titolo ‘ Il grande palcoscenico della cucina’: “Tutti possono diventare dei grandi ristoratori tranne alcuni ristoratori”.
Ma torniamo alle parole di Lorenzo Cogo, giovane chef ventiquattrenne che vanta un curriculum di globetrotter nelle cucine di mezzo mondo, al punto che ti chiedi a che età ha cominciato, prima di tornare a casa a Marano, grosso borgo della pianura vicentina tutto casa e lavoro e casa.
“Ho ricevuto proposte da ognuno dei luoghi in cui ho lavorato. Ho sentito l’invidia e l’ammirazione dell’essere italiano e mi sono detto. Possibile che un giovane non possa farcela? E sono tornato”. Questo è il percorso che ha fatto Lorenzo che adesso lotta ogni giorno con la difficoltà a far capire cosa significa innovare la tradizione, imparando e necessariamente anteponendo quello che molti ristoratori, anche di lunga data, spesso non fanno: essere imprenditore.
Questo voleva dire Lorenzo con quella frase: non avidità, nessun facile guadagno, ma sapere e poter fare una cucina con quello che sa e quello che ha, parafrasando Ducasse.
Si vada dunque oltre, mi permetto di scriverlo con moltissima umiltà, al sostegno pur importante di un riconoscimento da parte di aziende, in questo e in molti altri eventi che si susseguono nella ristorazione italiana, per arrivare a sostenere quel bisogno di ricerca, di sperimentazione, di volontà di dimostrare che si può, che un giovane può fare questo mestiere, con professionalità e imprenditorialità. Si aiutino le energie per il futuro, una gran bella espressione coniata da Paolo Marchi per introdurre la sua guida.
Lo facciano anche le istituzioni, evitando di sbandierare il Festival della ristorazione italiana se poi non lo si fa, mentre la Francia non lo annuncia e lo fa, coinvolgendo migliaia di persone attorno alla bellezza e alla socialità della buona cucina.
E venga raccolto l’appello di Moreno Cedroni, lanciato ieri durante la presentazione di Identità Golose di New York: “Basta tovaglie a quadretti nell’immaginario collettivo della cucina italiana nel mondo”.
La ristorazione italiana è anche buon gusto, cura dei dettagli, ospitalità che non teme confronti.

Luigi Franchi

Pubblicato su www.cateringnews.it – Settembre 2011

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