“I soldi servono per poter
continuare a fare bene questo lavoro che impone ricerca, sperimentazione,
possibilità di scoprire, conoscere e confrontarsi con altri chef”. La frase è
estrapolata dal breve emozionatissimo discorso di ringraziamento per il premio
Sorpresa dell’Anno, assegnato dalla guida di Identità Golose di Palo Marchi,
che ha fatto ieri Lorenzo Cogo, del ristorante El Coq di Marano Vicentino. Ed è
stato il più sincero discorso che ho sentito in questi ultimi mesi, che ha
messo il dito nella piaga di questo mestiere, ne ha portato a galla tutte le
difficoltà e i bisogni di capire per crescere.
Complimenti quindi a Paolo
Marchi e a tutto il suo staff di 103 autori per aver scelto Lorenzo e per aver
scelto!
Il loro è un modo chiaro e
diverso di fare critica gastronomica, credendo e difendendo le conseguenti
scelte che ne derivano. Ma altrettanto sostegno a chi, come Lorenzo Cogo, o
Aurora Mazzucchelli del ristorante Aurora di Sasso Marconi (migliore chef
donna), o ancora Giovanni Passerini del bistrot Rino a Parigi (miglior chef
straniero), e Francesco Assenza del
Caffè Sicilia di Noto (miglior artigiano), ogni giorno fanno i conti con qualcosa
che la fama e la notorietà non gli hanno ancora dato: il dover contare
esclusivamente sul proprio lavoro. Cito questi quattro perché accomunati dalle
medesime emozioni che, nel corso della presentazione, trasparivano in maniera
evidente. Ma le loro storie sono semplicemente quelle che ieri venivano alla
luce in un contesto pubblico. Insieme a quelle degli altri premiati: Paolo
Lopriore del ristorante Il Canto di Siena (miglior chef), Federico Zanasi e
Luca Abbadir del Clandestino di Portonovo e della Madonnina del Pescatore di
Senigallia (migliori sous-chef), Nino di Costanzo del ristorante Il Mosaico del
Terme Manzi Hotel (premio Birra in cucina), Chiara Patracchini del ristorante
La Credenza di San Maurizio Canavese (miglior chef pasticciere), Cristiana
Romito del ristorante Reale di Castel di Sangro (miglior maître), Marco Reitano del ristorante
La Pergola dell’Hotel Rome Cavalieri di Roma (miglior sommelier), Marco, Paolo
e Vittorio Colleoni del ristorante San Martino di Treviglio (premio Giovane famiglia)
ed Errica Tamani della Gazzetta di Parma (miglior giornalista).
Leggendo la guida è evidente
il senso che la distingue: oltre ai già noti che qui vengono raccontati in
maniera più originale, emerge il significativo lavoro di scouting fatto dai 103,
coordinati da Gabriele Zanatta, accolto in sala da una vera e propria standing
ovation, che raccontano di 646 ristoranti nel mondo, di cui 474 italiani.
E se non bastasse, viene in
soccorso della filosofia della guida la frase di Antonio Albanese, che ha
scritto per la guida un piccolo illuminante saggio dal titolo ‘ Il grande
palcoscenico della cucina’: “Tutti possono diventare dei grandi ristoratori
tranne alcuni ristoratori”.
Ma torniamo alle parole di
Lorenzo Cogo, giovane chef ventiquattrenne che vanta un curriculum di
globetrotter nelle cucine di mezzo mondo, al punto che ti chiedi a che età ha
cominciato, prima di tornare a casa a Marano, grosso borgo della pianura
vicentina tutto casa e lavoro e casa.
“Ho ricevuto proposte da
ognuno dei luoghi in cui ho lavorato. Ho sentito l’invidia e l’ammirazione
dell’essere italiano e mi sono detto. Possibile che un giovane non possa
farcela? E sono tornato”. Questo è il percorso che ha fatto Lorenzo che adesso
lotta ogni giorno con la difficoltà a far capire cosa significa innovare la
tradizione, imparando e necessariamente anteponendo quello che molti
ristoratori, anche di lunga data, spesso non fanno: essere imprenditore.
Questo voleva dire Lorenzo con
quella frase: non avidità, nessun facile guadagno, ma sapere e poter fare una
cucina con quello che sa e quello che ha, parafrasando Ducasse.
Si vada dunque oltre, mi
permetto di scriverlo con moltissima umiltà, al sostegno pur importante di un
riconoscimento da parte di aziende, in questo e in molti altri eventi che si
susseguono nella ristorazione italiana, per arrivare a sostenere quel bisogno
di ricerca, di sperimentazione, di volontà di dimostrare che si può, che un
giovane può fare questo mestiere, con professionalità e imprenditorialità. Si
aiutino le energie per il futuro, una gran bella espressione coniata da Paolo
Marchi per introdurre la sua guida.
Lo facciano anche le
istituzioni, evitando di sbandierare il Festival della ristorazione italiana se
poi non lo si fa, mentre la Francia non lo annuncia e lo fa, coinvolgendo
migliaia di persone attorno alla bellezza e alla socialità della buona cucina.
E venga raccolto l’appello di
Moreno Cedroni, lanciato ieri durante la presentazione di Identità Golose di
New York: “Basta tovaglie a quadretti nell’immaginario collettivo della cucina
italiana nel mondo”.
La ristorazione italiana è
anche buon gusto, cura dei dettagli, ospitalità che non teme confronti.
Luigi Franchi
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