martedì 1 novembre 2011

Leonardo Frescobaldi: un grande vino è immune alle mode e al trascorrere del tempo

Leonardo Frescobaldi ha viaggiato a lungo in molte parti del mondo, forse seguendo le orme del suo omonimo del XIV secolo che compì un viaggio in Terrasanta pubblicandone un dettagliato resoconto. Di certo questa passione di viaggiatore gli consente di governare, con grande capacità di visione internazionale, l’azienda dell’Italia enologica più conosciuta nel mondo, sia per qualità che per storia.
Settecento anni e trenta generazioni di impegno nella produzione di vino rappresentano, per Marchesi de’ Frescobaldi, un piacere e un obbligo: quello di tenere altissima l’immagine del vino italiano nel mondo. A cui assolvono puntualmente nelle loro nove tenute in Toscana e negli 80 paesi del mondo in cui sono distribuiti i loro vini.
A Leonardo Frescobaldi, presidente del gruppo, chiediamo come è  cambiata negli anni la sua visione imprenditoriale e umana?
“Il mondo del vino, negli ultimi anni, è molto cambiato sia in Italia che all’estero, e questo ha significato – per un’azienda storica come la nostra – doversi misurare con una realtà sempre più internazionale. Oggi do una grande importanza alla crescita dell’azienda, sia nel mercato nazionale che all’estero, facendo in modo di avere un’immagine sempre coerente con quella che ci caratterizza da sempre, di sviluppare business in modo uniforme e capillare e soprattutto facendo molta attenzione alla scelta corretta della distribuzione dei nostri vini, che storicamente concentrano la massima attenzione sul canale tradizionale. Pertanto ritengo indispensabile il fatto che, anche nei Paesi dove non operiamo con la nostra rete commerciale, i nostri interlocutori garantiscano un profilo specializzato verso prodotti di alta gamma. Marchesi Frescobaldi rappresenta 700 anni di storia del vino italiano nel mondo. Un primato che consente di superare tutti i fenomeni di moda o estemporaneità che, soprattutto negli ultimi tempi, il vino ha vissuto”.
Lei probabilmente può indicare la definizione ideale per il vino. Vogliamo provarci?
“La moda passa ma ci sono dei valori che non vengono corrosi dall’età. Un grande vino è appunto un vino con suo stile personale, unico, immune alle mode e al trascorrere del tempo. Quello che cerchiamo di trasmettere attraverso i nostri vini è lo stile Frescobaldi, caratterizzato in primis dal rispetto per la tipicità del territorio al quale le nostre tenute sono molto legate”.
A proposito di tendenze, oggi il vino italiano si salva grazie all’export. Ma, come spesso accade, si generano fenomeni incontrollati e controproducenti, come quello per cui tutti guardano all’export come obiettivo. Ma per esportare significa conoscere mercati e regole ben definite. Come giudica la situazione?
“Anche per Frescobaldi il mercato dell’esportazione ha sempre avuto un’importanza fondamentale. Circa due terzi della nostra produzione è indirizzata in oltre 80 paesi esteri: per questo, al fine di mantenere il prestigio della nostra marca e offrire il prodotto più adatto ai consumatori, ritengo sia essenziale una conoscenza approfondita dei singoli mercati, raggiunta negli anni attraverso una presenza e presidio aziendale costante e frequente. Per Frescobaldi la presenza sui mercati trasmette prestigio e internazionalità al marchio, indispensabile per un’azienda come la nostra, che vuole essere conosciuta sia nei Paesi emergenti che in quelli dove il vino di qualità si consuma con frequenza”.
E come vede il futuro del vino italiano?
“Credo che il vino italiano abbia la grande opportunità di rafforzare la propria immagine di prestigio nel mercato globale. Secondo me, dovrebbe seguire l’esempio della moda italiana, che si è imposta grazie all’unicità del proprio stile. La ricetta che il vino italiano dovrebbe seguire? Essere espressione del territorio da cui proviene, puntare sul legame storico con il cibo italiano di qualità e osare, nel contempo, l’accostamento ad alcune pietanze internazionali”.
Molte volte si è dibattuto sui canali di mercato, grande distribuzione o ristorazione, esaltando o demonizzando l’uno o l’altro, a seconda delle tipologie di vino e delle aziende. Come deve essere un corretto approccio al mercato? E verso il consumatore?
“Per Frescobaldi  la distribuzione nel canale tradizionale è fondamentale in quanto è il veicolo per raggiungere il consumatore ‘appassionato’. Non trascuriamo la realtà della GDO che diventa sempre più attenta nell’offrire una gamma di prodotti di alto livello. Secondo me, la forza di un prodotto dipende dalla richiesta dei consumatori: tanto più un marchio è forte, tanto più si può permettere di essere presente in entrambi i canali. A questo proposito citerei l’esempio del nostro Nipozzano Riserva”.
Quali consigli darebbe ad un ristoratore per creare la propria carta dei vini?
“Avere nella carta dei vini prodotti affermati sia in Italia che all’estero:  nomi familiari al consumatore, facilmente riconoscibili e reperibili sul mercato. Importante anche menzionare sempre il produttore e non solo la tipologia del vino, oltre ad offrire un ampio ventaglio di prezzi, in grado di assecondare le esigenze di clienti diversi”.
Di recente avete approcciato a forme innovative di advertising che, per un’azienda storica e per un’azienda del vino, sono ancora inusuali. Cosa ha determinato questa scelta?
“Abbiamo fatto questa scelta al fine di  comunicare con il consumatore e trasmettergli il valore dei nostri vini e della Frescobaldi: tradizione, innovazione e legame con il territorio toscano. L’idea dello “story telling” invece è stata vincente perché vogliamo che il consumatore che sceglie il nostro vino compri anche un pezzo di Toscana e soprattutto un’emozione”.
Quanto valore affidate a forme di promozione come l’enoturismo?
“È molto importante avvicinare il consumatore al territorio e fargli capire quanto questo trasmetta il gusto e la passione per il vino: proprio per questo apriamo le porte delle nostre cantine con visite guidate e degustazione presso le  tenute storiche di Pomino, Nipozzano, Castelgiocondo e Castiglioni”.
Qual è il suo piatto della memoria?
“Un fantastico stracotto alla fiorentina gustato per la prima volta all’età di 11 anni e cucinato dalla fattoressa di Nipozzano: fu allora che per la prima volta mi fu concesso di assaggiare un bicchiere di vino rosso. Ed è stato da subito amore”.
E il vino della memoria?
“Indubbiamente il Mormoreto, vino con il quale abbiamo realizzato il progetto del nostro antenato Vittorio che già nel 1850 aveva posto le basi con l’introduzione di vitigni quali il Cabernet Sauvignon e il Merlot e il Cabernet Franco nell’omonimo vigneto sulle colline a est di Firenze”.

Luigi Franchi
Pubblicato su Catering, rivista della ristorazione  e dei consumi fuori casa – Settembre 2011


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