giovedì 24 novembre 2011

Cronaca di un corso di cucina di casa


Dopo essere stati a Casa Artusi diventa più facile comprendere la frase con cui Pellegrino Artusi concludeva la sua prefazione al libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, ovvero il libro di cucina forse più tradotto al mondo, sicuramente quello con il maggior numero di riedizioni dal 1891 ad oggi.
Artusi chiudeva così: Amo il bello ed il buono ovunque si trovino. E, arrivando nella sua città natale, si capisce quanta influenza abbia esercitato su queste parole: oggi Forlimpopoli si presenta legata in maniera indissolubile al buon gusto. Basta fare un giro per le vie del centro per rendersene conto, a cominciare dall’arredo urbano, perfetto, pulito e ordinato perfino nei tendaggi dei negozi: tutti di un bel rosso granata con la scritta che dà il benvenuto al passeggio tra le vie del buon gusto.
Con questa immagine si varca la soglia di Casa Artusi, luogo di delizie architettoniche, estetiche, culturali e gastronomiche. Lo si può fare per svariati motivi: visitare la splendida biblioteca gastronomica, pranzare nel ristorante, assistere ad un dibattito o,e questo è il suggerimento più caloroso, partecipare ad uno dei numerosissimi corsi di cucina di casa che vengono organizzati.
La scelta è caduta su quello dedicato alla pasta: La sfoglia di una volta. Accolto dal ritratto dell’eleganza, la responsabile dei corsi, Carla Brigliadori, in una solare mattina d’inverno vengo subito messo a mio agio in mezzo agli altri 19 partecipanti (tre uomini e il resto donne) con cui assisto all’introduzione alla giornata: una purtroppo troppo breve lezione di storia e cultura della pasta a cura del professor Franco Mambelli, che offre utilissimi informazioni sulle regole del gioco che inizierà da lì a poco.
Entrano in scena le Mariette, ovvero le tutor a cui veniamo affidati: a me tocca Corrada Ricci, da condividere con Laura, una ragazza che da geometra ha deciso che diventerà una bravissima pasticcera. Dalla manualità che dimostra non ho dubbi che accadrà. Scopro che entrambe hanno fatto i corsi serali di Alberghiera: Corrada li ha intrapresi una volta raggiunta la soglia di giovane nonna; Laura sta finendo quest’anno, dopo essere stata, come molti, vittima della crisi che le ha fatto perdere il lavoro da geometra. Potenza della passione e della determinazione.
Si inizia! Ognuno alle sue postazioni della sala perfettamente attrezzata di Casa Artusi: uova, farina, asse da cucina, raschietto, matterello, tasca per il ripieno. Si comincia con il primo dei cinque impasti della giornata e ci si riconcilia con la chimica degli elementi. Sentire sotto le dita impiastricciate che, poco a poco, si forma una palla perfettamente elastica è una sensazione che non diventerà mai gesto ripetitivo. Questa è la prima cosa da tenere in mente!
Poi si passa al matterello. A Casa Artusi e in tutta la Romagna non esiste altra regola: il mio pensiero va alle due mitiche Imperia rosse che ho a casa. Ma ho deciso che non le abbandonerò, troppi ricordi affettivi mi legano ad esse. Si alterneranno con il matterello.
Sulla sfoglia tirata a matterello si scontrano intransigenze. Lo sento, ma Corrada è indulgente con le mie pieghe e mi insegna pazientemente come correggere i difetti, mentre il mio occhio cade sulla sfoglia perfetta di Laura.
Escono i primi tagli: io scelgo lasagne, garganelli e pappardelle. Altri si cimentano in tagliatelle, farfalle, tagliolini. In comune il fatto che non si butta via niente: i ritagli di pasta diventano maltagliati o stricchetti.
Al pomeriggio il clima ormai è conviviale, il pranzo al ristorante di Casa Artusi ha contribuito ad integrare le conoscenze, confrontare i gusti, raccontarsi aneddoti divertenti. Poi non ce n’è come essere ad un tavolo, unico uomo, con sette donne…
Si parte con le paste ripiene: ravioli e cappelletti all’uso di Romagna che garantiscono il piacevole indugiare alla chiacchiera.
Il piacere assoluto però è quando ci viene consegnata la pasta prodotta con le nostre mani. Credetemi, si ritorna bambini felici. Non si vede l’ora di farla assaggiare! Alla fine il diploma, l’attestato firmato di pugno dalla Marietta che ci ha seguiti: il mio porta la firma di Corrada Ricci, e in un angolo la scritta “bravissimo”.
Non mi faccio illusioni, i segreti imparati sono solo una piccola parte e tornerò ancora. Nel frattempo ho inoltrato la richiesta per essere accolto nell’associazione delle Mariette: l’unica che prevede quote azzurre, anziché rosa.
Tre giorni dopo ero in metropolitana a Milano: in tutta la tratta dodici persone su quattordici non hanno mai alzato lo sguardo dal cellulare. La voglia di spiegar loro che c’è un luogo in Italia dove si trova il bello e il buono era incontenibile.

Luigi Franchi
pubblicato su Cateringnews.it il 24 novembre 2011

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