Ma esiste un modello ideale di carta dei vini? Ce
lo siamo chiesti entrando in una delle più originali e innovative cantine di
ristorante italiano: quella delle Due Colombe di Stefano Cerveni a Borgonato, www.duecolombe.com, nel
cuore della Franciacorta. La risposta ci viene dal sommelier del ristorante,
Nicola Bonera, navigato wine-consultant e primo classificato al Premio
Franciacorta per il Miglior sommelier d’Italia 2010, con cui ci inoltriamo in
un discorso intessuto di preziosi consigli.
“Un vero e proprio modello non esiste, ogni carta dei vini
riflette le esperienze, le passioni, la cultura di chi l’ha realizzata. Esiste
però il numero attraverso il quale la carta può definirsi completa: indicativamente
di poco superiore alle 200 referenze”.
Con quale criterio avete costruito la cantina e la
carta?
“A 14 mesi dalla riapertura dopo il cambio di sede, la carta rispecchia
quasi completamente la nostra filosofia e soprattutto i nostri gusti, ovvero la
proposta si sta sempre più spostando verso bollicine (Franciacorta in primis) e
vini bianchi di eleganza e di struttura non troppo impegnativa, con ancora una
buona scorta di vini rossi, soprattutto italiani, eleganti e fini. Tra i vini
bianchi hanno grande spazio quelli dell’Alto Adige, della Wachau in Austria e i
Riesling della Mosella in Germania, le mie vere passioni che, ho scoperto
strada facendo, sono le passioni anche dello chef e apprezzate da un gran
numero di clienti. Il locale è in un contesto storico, le fondamenta della
prima costruzione sono datate 900 d.C., per cui mura antiche, pietra, legno e
pavimenti antichi; mancava però un locale interrato e sufficientemente vicino
alla sala da adibire a cantina, è stata perciò sacrificata una sala del
ristorante per ricreare l’ambiente adatto, tramite climatizzazione ed
umidificatore possiamo conservare in un ambiente a 15° C e con il 70% di
umidità i nostri gioielli. Per colpire
ancor di più, e per permettere ai clienti di visitarla è stata creata una
cantina super moderna e tecnologica, con strutture di sostegno in plexiglass e
luci fredde a led, di vari colori”.
“Spesso molti tavoli, all’incirca due su tre, si affidano ai nostri
percorsi di abbinamento al bicchiere mentre altri, pur volendo scegliere una
bottiglia per tutto il pasto, si lasciano comunque consigliare. In altri casi
chi sceglie personalmente il vino lo fa perché è appassionato di certe
tipologie o territori, c’è però un nutrito gruppo di clienti che sceglie
proprio pensando a ciò che mangerà, e una volta fatta la scelta chiedono
comunque conferma al sommelier se quanto ipotizzato possa andar bene”.
Quanto vino riuscite a far girare e come ci
riuscite?
“In un anno si vendono circa 3000 bottiglie di vino, solamente per
quanto riguarda il ristorante à la carte (poiché parallelamente c’è una
struttura indipendente creata per cerimonie ed eventi); tale numero corrisponde
all’incirca allo stoccaggio massimo di cantina, per cui si può affermare che vendiamo
quanto possiamo permetterci di acquistare. Attualmente in carta ci sono 600
referenze, 600 diversi vini e, a parte alcune bottiglie quasi “intoccabili”,
generalmente per prezzi poco accessibili, ne abbiamo già venduti, in un anno,
oltre il 75%, cioè 450 differenti etichette. Ciò è fattibile grazie ad una certa
curiosità da parte della clientela, che apprezza percorsi di abbinamento al calice
intelligenti, che ci permettono di gestire una serie molto ampia di tipologie e
categorie”.
Come funzionano da voi gli abbinamenti cibo-vino?
“Premessa importante: il locale con il quale sto collaborando ora ha al
massimo 12 tavoli, per cui c’è tutto il tempo necessario per curare, anzi
cullare il cliente che ha voglia di confrontarsi un po’ sulla scelta dei cibi o
dei vini. Detto questo capita spesso che la maggior parte degli ospiti scelga i
percorsi di abbinamento cibo-vino che abbiamo pensato. Ne abbiamo costruiti tre,
con diversi livelli sia quantitativi che qualitativi. Li ho chiamati “percorso
scoperta”, “percorso curiosità” e “percorso esperienza”, cioè due vini, tre
oppure quattro, non mettiamo un limite alla quantità di vino, solamente al
numero di referenze che il cliente assaggerà. In tal modo riusciamo a gestire il numero di etichette e di bottiglie evitando
sprechi; di conseguenza non abbiamo necessità particolari per lo stoccaggio dei
vini da proporre alla mescita, macchinari particolari non ne abbiamo, solo un
po’ di coraggio e buon senso”.
Nella creazione del menu lo chef tiene conto della
cantina? Costruite insieme le due carte?
“Devo dire che Stefano, lo chef, ha un’ottima preparazione sul vino, e
anche se costruisce i piatti del menu in assoluta autonomia, una volta pensati
li testa anche con tutti noi, chiedendo se tale piatto potrà trovare uno o più
abbinamenti con i vini presenti in carta. Talvolta capita che costruisca un
piatto in rapporto alle idee che ci si scambia circa l’abbinamento ideale, c’è
un’ottima complicità”.
Luigi Franchi