venerdì 14 agosto 2009

più profumi inebrianti che puoi




Itaca
Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
ne' nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.
Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; piu' profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.
Sempre devi avere in mente Itaca -raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?
E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
Già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.
Kostantin Kavafis
questa è la poesia-storia che mi è girata in testa per tutto il tempo che ho trascorso nella degustazione di un bicchiere di straordinaria e potentissima Malvasia, con una gradazione di 14,5°, con un nome e una storia particolarissima.

L'esperienza l'ho vissuta alla Palta di Bilegno, un ristorante dove il bianco predomina, a cominciare dalle curate amatissime orchidee per finire alla immacolata divisa e al radioso sorriso di Isa, la cuoca di casa.
Forse la poesia di Kavafis che parla di Itaca si sposa idealmente a questo vino che, più di ogni altra Malvasia finora assaggiata, ti ricorda l'origine antica e mediterranea, ti fa immaginare il percorso che i ceppi della vite hanno fatto, nei secoli scorsi, attraverso i mari per trovare posto sulle colline italiane, sull'appennino piacentino attraversato dalle legioni di Annibale.
Sta di fatto che questo vino è impossibile berlo in maniera distratta; la complessità dei suoi profumi è talmente invadente che occupa ogni spazio dei sensi.
Una Malvasia così l'ha voluta Roberto, il marito di Isa e sommelier della Palta, capendone originalità e potenzialità durante una degustazione di questo vino ai suoi albori, nei primi mesi del 2008.



I Colli Piacentini devono molto alla Malvasia, in particolare nella versioni passita che sta delinenando l'auspicata identità di questo territorio vinicolo. Ma Roberto l'ha voluta in altro modo e, insieme al produttore Enrico Sgorbati, lo hanno spiegato in etichetta:
"questo unico vino è frutto di un'attenta selezione di uve Malvasia aromatica di Candia, coltivata in un piccolo appezzamento di soli 0.85 ettari, costituito da 4 particelle catastali (141, 143, 142, 144), dove particolari condizioni di microclima rendono questo prodotto unico e irripetibile. La vendemmia è avvenuta il 12 novembre 2007 e acini ricoperti in parte da muffa nobile sono stati pigiati in modo soffice, fermentando in piccole botti da 225 litri per dodici mesi. Sono state selezionate da Roberto ed Enrico solo 3 botti che hanno prodotto 900 bottiglie."
Sul fronte dell'etichetta il nome del vino: UNA, scritto con un elegantissimo carattere, e una frase di Roberto che dice "una vigna, una varietà, una vendemmia, una mano, una bottiglia racchiude un pensiero".
Viene voglia di suggerire un'aggiunta: "una esperienza davvero unica"!!

Luigi Franchi
La Palta
Loc. Bilegno – Borgonovo Val Tidone
Tel. 0523 862103 - http://www.lapalta.it/

Una tavola lunga un secolo





Bella la mostra, bello il catalogo, bello il luogo ospitante! Stiamo parlando di “Una tavola lungo un secolo: il made in Italy nella storia della cucina italiana del XX secolo”, una mostra curata da Anna e Gianfranco Gasparini, con la consulenza di due mostri sacri della gastronomia italiana Eugenio Medagliani e Paola Ricas, in corso a Milano fino al 25 settembre.Cominciamo dal luogo che la ospita: la Design Library, in via Savona 11. Una struttura, affiancata da un delizioso caffè ristorante, dove sono raccolte le annate di oltre 5.000 riviste internazionali di design, che affiancano libri e importanti donazioni che costituiscono il patrimonio consultabile dagli associati.In questo spazio si tengono mostre, come quella in corso, e incontri ogni giovedì sull’ampia tematica che il design coinvolge. La mostra invece è ricavata in uno spazio interno, suddivisa in otto sezioni esaltate da un sapiente gioco di luci e cromatismi. Le teche in cui sono riposti gli oggetti richiamano le gabbie in legno e fil di ferro in cui venivano riposti appesi in cantina i formaggi e i salumi tagliati, per evitare che i topi abitanti delle cantine facessero man bassa.Ogni sezione richiama all’incirca un decennio, con oggetti derivanti in gran parte dagli archivi Richard Ginori e Ballarini 1889. In rassegna passano un mare di ricordi, sapori e sensazioni tattili. Le sezioni hanno per titoli: il primo Novecento tra povertà e grande cucina; la cucina di guerra; la cucina e il periodo futurista; la diffusione della cultura in cucina; la cucina della trattoria; il benessere e il consumo alimentare diffuso; la nuova cucina italiana; la creatività e la sperimentazione. Un’ultima sezione riguarda la tradizione che si rinnova, dove Richard Ginori e Ballarini 1889 presentano la loro attività di ricerca nel campo delle attrezzature per cucina. Per ogni sezione viene indicato il piatto dell’epoca, ricette riprodotte in piccole sculture di ceramica su un grande pannello: dal timballo di maccheroni alla milanese di Auguste Escoffier al raviolo a mano di Pietro Leemann. Infine il catalogo, rigorosamente in edizione bilingue italiano-inglese, edito dall’editore mantovano Corraini, che riassume ogni dettaglio della mostra, consentendo un approfondimento successivo ad una visita che consigliamo a tutti.Nel catalogo sono ripresi i testi della mostra, tutti gli oggetti con le relative didascalie di approfondimento, le ricette. E’ un libro multifunzionale per chi ama la cucina in ogni sua componente.


Luigi Franchi


Una tavola lunga un secolo
Design Library
Via Savona 11 – Milano
Aperta fino al 25 Settembre
Da lunedì a venerdì dalle 10 alle 18,30
Sabato dalle 10 alle 17
Ingresso libero
Tel. 02/89421225
Catalogo Corraini Edizioni Euro 18,00




Marche e oggetti che hanno unito l’Italia


Si dice che l’Italia è una nazione ancora giovane, nonostante si avvicini il traguardo dei 150 anni dall’unità del Paese (1861-2011), ma leggendo il bel libro progettato da Giulio Iacchetti per Corraini Edizioni viene da pensare che se l’Italia è giovane è perché gli elementi unificanti sono comparsi solo nel dopoguerra e grazie all’avvento della televisione che ha provveduto alla loro divulgazione. Italianità, questo il titolo, racconta trenta storie scritte da altrettanti autori sugli oggetti e sui percorsi che ci unificano. Si comincia con gli spaghetti aglio e olio e peperoncino per finire con il colore delle case cantoniere. In mezzo i racconti di storie e gesti che ogni persona vissuta pienamente tra gli anni 50 e gli anni 90 ha fatto oppure no; come per esempio spedire al signor Panini, in una busta chiusa, i francobolli per ricevere le poche figurine mancanti dell’album dei calciatori. Nessuno ha mai confessato quel terribile gesto di sconfitta!Il libro è ricco di scoperte e di suggerimenti. Tra le tante il nome della donnina del dado Star; si chiama Lucia ed è la moglie del pittore brianzolo Debbia, che la ritrasse sorridente nel 1968. Ma anche che per aglio e olio sono di rigore gli spaghettini al posto dei vermicelli, hanno una superficie di contatto con il condimento quasi doppia e nel piatto se ne contano 269 al posto di 97 vermicelli.


L.Franchi


Italianità
Un progetto di Giulio Iacchetti
AA.VV.
Illustrazioni di Ale+Ale
Corraini Edizioni
Euro 15,00

www.corraini.com

Dove c’è un fiume c’è sempre un ponte..


Leggevo Confini dei Volatori Rapidi mentre accanto avevo l’ultimo numero di Diario, tornato in edicola con una monografia dedicata al termine confine. Mi soffermo sulle parole del geografo Franco Farinelli che afferma “l’autentico effetto della globalizzazione è che la Terra ha imposto finalmente di essere pensata per quello che è, un globo. Noi, per stare tranquilli, abbiamo sempre avuto bisogno di confini: una sfera, invece, di limiti non ne ha”. Forse, anzi sicuramente, le due cose non c’entravano niente ma da quella frase ho iniziato per leggere il libro come una sfera, senza limiti, pregiudizi o condizionamenti. Un ottimo esercizio per capire che ci sono persone che faranno strada nella letteratura. Non c’è una riga fuori posto e, dal momento che non credo che una piccola casa editrice come quella che ha pubblicato il libro dei Volatori Rapidi abbia un potentissimo “ufficio editing”, vuol dire che questo è un libro fatto bene all’origine, con tanto valore in più.Loro, i Volatori Rapidi, sono in sedici, esattamente otto donne e otto uomini, si muovono bene insieme, collezionano premi, scrivono racconti sui quotidiani locali, fanno un sacco di presentazioni ed ognuno mantiene comunque la sua sfera, quella che di limiti non ne ha. Questo costringerà il lettore ad uno sforzo moltiplicatore per seguirli tutti negli anni a venire, ma credo che ne varrà la pena. I loro nomi: Emanuela Affaticati, Giusy Cafari Panico, Angelo Calza, Pietro Chiappelloni, Sergio Cicconi, Agostino Damiani, Francesco Danelli, Chiara Ferrari, Alessandra Locatelli, Elisabetta Paraboschi, Federico Puorro, Doriana Riva, Monia Sogni, Ottavio Torresendi, Melissa Toscani, Luigi Tuveri.

Luigi Franchi

Confini
Volatori Rapidi
Edizioni Domino
Euro 15,00

solobellestorie: 28 settembre 2008, flight QR034

solobellestorie: 28 settembre 2008, flight QR034

sabato 8 agosto 2009

28 settembre 2008, flight QR034


«… passando per i frutteti della Zambonina, dei Marchi, di Ca’ Pilastri, Bondiocca, Sagradello, Colombara, si giunge a Soarza, distante dal Po solo due chilometri e mezzo … Soarza (m.37, 600 abitanti, da Piacenza chilometri 31) è un paese che emerge compatto, in una campagna verde vastissima, con la guglia del suo campanile, gli edifici rossicci che Luigia Picasso Ratto Dall’Orso ha lasciato con circa undicimila pertiche di terra alle opere benefiche di Genova e di Soarza, d’accordo con la figlia Giulia (testamento del 1907) … Nel 1974, per disposizione del pio lascito Picasso, presieduto dal cardinal Siri, terreni e fabbricati sono stati venduti ai fittabili, dopo tre aste infruttuose alle quali si interessò anche il cantante Adriano Celentano».

Così recita l’insuperabile guida antologica “Valdarda e Valchero” di Gianfranco Scognamiglio e Gino Macellari del 1975.Un pezzo di storia che porta a vedere da vicino gli edifici rossicci in cui oggi trova posto l’azienda agricola Cascina Pizzavacca (www.pizzavacca.it) delle famiglie Pisaroni, i fittabili di allora. Sono infatti ben più di cinquant’anni che Angelo Pisaroni lavora quelle terre e quei frutteti, a lui sono succeduti i figli Bruno e Mauro ed ora i figli dei figli: Emanuele e Filippo. Le cascine ospitate in quegli edifici rossicci hanno fatto un pezzo di storia di questo territorio piatto, assolato ma altrettanto generoso nel fornire grano, cereaili e frutta, moltissima frutta. Negli anni scorsi in questi luoghi c’erano i granai in cui venivano stoccati i raccolti di tutti i piccoli agricoltori della zona, per una vendita consortile che garantiva maggior potere contrattuale.Oggi sono cambiate molte cose, cerealicoltura e zootecnia non costituiscono più fonti di reddito adeguate ma i figli dei figli amano troppo queste terre e il loro sentirsi contadini per abbandonarle; dopo gli studi in agraria decidono di restare: Filippo ad occuparsi dell’ortofrutta, Emanuele a pensare al nuovo che da qualche parte deve pur esserci. Il periodo sabbatico lo porta a girare per fiere dell’agroalimentare finchè non si imbatte “in uno stand che commercializza spezie in bottiglie particolari”.Piante ornamentali fu la prima idea, la seconda suggeritagli da Gilberto, il bibliotecario della Cattolica di Piacenza dove aveva studiato, fu la produzione di nettari di frutta e di prodotti dell’orto da preparare secondo le ricette di casa. Tre mesi in giro a cercar tecnologia, cominciando “dal grosso pentolone necessario a preparare la giardiniera della mamma e la salsa verde di nonna Natalina, grande cuoca. – ricorda Emanuele - A sera, per un’intera estate, con la mamma a cuocere a bagnomaria tutte le sei verdure della ricetta, assemblarle con calcolo matematico, assaggiarle e migliorarle”.Poi l’acquisto delle attrezzature necessarie, l’utilizzo della frutta coltivata dal cugino Filippo e dallo zio Mauro, il coinvolgimento di papà Bruno a capo della produzione, e lui in giro a promuovere, far conoscere, creare relazioni e appassionare altri alla valorizzazione di quel territorio piatto, assolato e nebbioso senza misura ma altrettanto generoso.“Un solo punto era fermo in questo tentativo; le scelte produttive dovevano essere serie. – afferma emanuele – Lotta integrata in pieno campo, nessuna stabilizzazione del prodotto, materie prime dei nostri campi o, per prodotti non territoriali come le arance o i pompelmi, di fornitori affidabili, trasformazione in base alla produzione e, soprattutto, il sostegno dell’Università Cattolica di Piacenza, dove sono andato per cercare conforto alla mia idea trovando grande collaborazione”.Ad un certo punto, a furia di lasciare in giro campioni, far assaggiare, raccontare arriva la svolta generata dal passaparola: i nettari della famiglia Pisaroni, oltre alle boutique gastronomiche delle province circostanti arrivano nello show-room di Gucci a Milano.Nell’ufficio di Emanuele campeggia, appoggiato al muro che prima o poi lo vedrà incorniciato, un cartone da imballo con scritte a pennarello che raccontano della telefonata di un certo Ibraihm dal Qatar che gli commissiona una fornitura di nettari di frutta.Le scritte riportano la data del 28 settembre 2008, la sigla di un volo, gli orari di partenza e di arrivo, le modalità doganali e quantaltro.“Ero in cortile e non aveo altro che questo cartone su cui scrivere tutto. Stavo parlando con il referente del sultano del Qatar e non capivo più niente, neppure se era uno scherzo”.Non era uno scherzo, i nettari sono sulla tavola del sultano. Ma adesso sono anche nello spaccio che la famiglia ha aperto per i clienti che diventano ogni giorno di più.

Luigi Franchi



Festival per il piacere dei sensi

Settembre è il mese per eccellenza dei festival dedicati agli approfondimenti tematici, un fenomeno la cui vistosità è iniziata con il Festivaletteratura di Mantova, giunto quest’anno alla sua tredicesima edizione.Il festival nasce nel 1997 sulla falsariga di un’iniziativa che, a partire dal 1988, si svolge in Galles nel paese di Hay-on-Wye, proclamata Booktown, dopo che Richard Booth aprì nel 1961 un negozio di libri usati nella dismessa caserma dei vigili del fuoco a cui, grazie all’immediato successo, seguirono altre aperture.Questo determinò lo sviluppo di una originale formula di turismo culturale della località che sfociò nell’organizzazione di un festival che vide, tra i partecipanti, Bill Clinton oltre ai grandi nomi della letteratura internazionale. A Mantova fu invece un manipolo di intellettuali della città a dar vita al Festival, i loro nomi: Laura Baccaglioni, Carla Bernini, Annarosa Buttarelli, Francesco Caprini, Marzia Corraini, Luca Nicolini (pres.), Paolo Polettini, Gianni Tonelli. Il successo, complice la voglia insoddisfatta di cultura e buone relazioni in quello scorcio di fine secolo, fu immediato. Da allora più di mille venti hanno animato edizioni sempre e solo di successo. Il potere di attrazione di un evento se ben organizzato è altissima; il Festivaletteratura di Mantova, che sposta circa 70.000 persone e che, a fronte di un investimento di 1,4 milioni di euro genera un indotto di 15 milioni di euro. Nei giorni dell’evento, per restare in ambito turistico, la capacità ricettiva di Mantova e delle otto province limitrofe è satura. Ma non è questo il risultato, seppur importante, che deve misurare la forza di un evento: è la sua capacità di far cambiare la percezione dei luoghi, il significato di appartenenza ad una comunità. In pratica l’evento è motore di economia, di interesse imprenditoriale ad investire nel luogo, di motivazione da parte del microtessuto economico a riqualificarsi. Per questo dietro all’evento deve esserci sempre un sistema pubblico capace di plasmare il territorio, adattandone le proprie politiche ad un obiettivo di crescita.Settembre dicevamo, come periodo di maggior concentrazione dei festival di approfondimento culturale, secondo la ricerca di Guido Guerzoni “Effetto Festival”, sostenuta dagli organizzatori del Festival della Mente” di Sarzana, “è il mese prediletto per l’organizzazione delle manifestazioni festivaliere,seguito da aprile, novembre, maggio ed ottobre. Si può pertanto rilevare l’attitudine delle amministrazioni pubbliche e degli operatori turistici a impiegare il format del festival per allungare l’alta stagione, solitamente concentrata nei mesi di luglio ed agosto, riuscendo ad attrarre flussi turistici anche nei mesi immediatamente precedenti (aprile, maggio) o successivi (settembre, ottobre).Dalla pressoché totale assenza di eventi nei mesi di luglio e agosto si evince, inoltre, l’attenzione degli organizzatori a evitare i periodi di maggior affluenza turistica, sia per fuggite spiacevoli episodi di congestione nei piccoli centri che ospitano le manifestazioni, sia per sfruttare più intelligentemente le ricadute economiche legate al festival in periodi meno felici dal punto di vista delle entrate turistiche, sia per evitare la confusione con i numerosi pseudofestival organizzati in molte località balneari e montane, che spacciano per festival eventi più simili alle sagre e alle feste”.Si stimano ormai in 170 i festival che attraversano la penisola nel corso di un anno, di cui una trentina oggetto dell’indagine di Guerzoni, segnalati sulla base di parametri che ne determinano valenza culturale, armonia tra il titolo e i contenuti, qualità degli eventi e del sistema di accoglienza e dei servizi. Un elenco prezioso che vogliamo mettere a disposizione dei lettori: BergamoScienza (Bergamo), Città Territorio Festival (Ferrara), Comodamente (Vittorio Veneto, Tr), Con-vivere (Carrara), Extramoenia (Giardini Naxos, Me), Fantasiofestival (Perugia), Festival Biblico (Vicenza), Festival dell’Arte Contemporanea (Faenza, Ra), Festival del Diritto (Piacenza), Festival del Mondo antico (Rimini), Festival della Creatività (Firenze), Festival della Matematica (Roma), Festival della Mente (Sarzana,Sp), Festival dell’Architettura (Parma, Modena e Reggio Emilia), Festival dell’Economia (Trento), Festival Meditaeuropa (Ravenna), Festival Filosofia (Modena), Festivaldella Filosofia (Roma), Festivaletteratura (Mantova), FestivalStoria (Saluzzo, Cn), I Dialoghi di Trani (Trani, Ba), Le Parole, I Giorni (Poggibonsi, Si), Parole in gioco (Urbino), Perugia Science Fest (Perugia), Piemonte Share Festival (Torino), Pordenonelegge (Pordenone), Ravello Festival (Ravello, Sa), Scrittorincittà (Cuneo), Torino Spiritualità (Torino), Vicino/Lontano (Udine), Women’s Fiction Festival (Matera).

I festival di settembre


Festival della Mente di Sarzana – www.festivaldellamente.it
dal 4 al 6

Festivaletteratura di Mantova – www.festivaletteratura.it
dal 9 al 13

Festival della Filosofia a Modena, Carpi e Sassuolo – www.festivalfilosofia.it
dal 18 al 20

MITO SettembreMusica tra Milano e Torino – www.mitosettembremusica.it
dal 3 al 24.



Luigi Franchi

In questi posti davanti al mare


Che amasse il mare forse non lo sapeva dal momento che aveva solo pochi giorni quando, nata in un paese della Bassa, i suoi genitori la portarono per i suoi primi quaranta giorni in una casa davanti al mare della Liguria.Che un giorno sarebbe diventata pittrice, Lorenza Cavalli lo ha sempre avuto chiaro fin dal primo giorno di scuola, in cui dichiarò che avrebbe fatto l’accademia. Così è stato: liceo artistico a Cremona, accademia a Brera.Il suo primo “catalogo” venne fatto a sua insaputa, l’ho scoperto quando gli ho chiesto cosa pensava di lei l’insegnante di educazione artistica delle medie. “Che strana domanda mi fai. - si stupisce Lorenza mentre tira fuori dall’album mentale dei ricordi il nome dell’insegnante. - Si chiama Emanuela Grande ed era entusiasta dei miei disegni, al punto che l’ho rivista dopo anni e lei mi donò una piccola pubblicazione curata da lei in cui i miei disegni illustravano le poesie di Ilda Bottoli, il titolo è “Il paese dei disegni”.”Da quel “catalogo” si può datare la storia artistica di Lorenza che oggi è una esponente di quella corrente del realismo magico che vede tra i maggiori protagonisti Edward Hopper e Felice Casorati, mentre nella scrittura trova la sua espressione nella cultura latino-americana dei vari Jorge Luis Borges, Gabriel Garcia Marquez, Isabel Allende, Juan Rulfo, ma influisce anche nei testi di Italo Calvino, Milan Kundera, Gogol’ e Kafka.Ma cosa c’entra il mare con tutto questo? Il mare entra nei suoi quadri, invade ogni spazio insieme al cielo, interrotto solamente dal vento che gonfia le vele delle barche che spezzano un segno che altrimenti sconfinerebbe nell’infinito. Lorenza è donna di acqua, di sole, di vento. L’ho capito osservandola durante l’intervista, realizzata sotto i portici di Busseto in una giornata di luce immobile, mentre non riusciva a stare ferma con i suoi belli capelli continuamente mossi dal movimento delle sue mani. “Sono tornata a parlare con i miei quadri pochi mesi fa. – mi confida – Non li sentivo più miei, facevano parte di una fase della mia vita che era giunta al termine, svuotati di ogni significato. Una mattina sono andata nello studio e ho parlato con loro, mi hanno ricordato che è il desiderio che crea la nostra esistenza; da quel momento tutto è cambiato. Sono tornata davanti al mare a fermare con la fotografia le vele al vento e le ho riportate sulle mie tele. Ho fatto una seconda mostra allo Yacht Club di Milano, con le mie tele di mare e di vele, dopo la prima fatta nel 2007.”Nel frattempo Lorenza è ritornata dopo anni a vivere nella sua terra, a Samboseto in “quella borgata desolata e primitiva” come la descrisse Mario Soldati nel 1957 parlando di Peppino Cantarelli e della sua “bottega fuori dal tempo e dal mondo in cui erano esposti grandi vini francesi”. “Non so se e quanto mi fermerò ma qui riesco come in nessun altro luogo a trovare lo straordinario nel quotidiano”. Che sia qui l’essenza del realismo magico? In questi posti davanti al mare nel cuore della pianura.


Luigi Franchi

La Biblioteca di Busseto: aperta da più di duecento anni ogni domenica mattina

Anno 1537, il padre francescano Giovan Antonio Maiavacca da Busseto dei Minori Osservanti patrocina la fondazione del Monte di Pietà avvenuta per volontà dei marchesi fratelli Girolamo, Ermete e Francesco Pallavicino; l’istituto aveva il compito di svolgere azioni di sostegno e beneficenza, a cui si aggiunsero nel corso del tempo quelle di promozione culturale. Anno 1768, il duca Don Ferdinando di Borbone, sovrano del Ducato di Parma e Piacenza, espelle i Gesuiti dal
suo Stato confiscandone i beni, tra cui il ricco patrimonio librario; i libri del Collegio di Busseto e Fidenza furono concentrati presso il Monte di Pietà e Abbondanza, da cui nasce il primo fondo della biblioteca del Monte di Pietà.Anno 1960, il Monte di Pietà e Abbondanza si fonde con la Cassa di Risparmio di Parma, che volle dare nuovo impulso alla cura del Palazzo e della Biblioteca. Verso la fine di quel decennio la direzione della biblioteca viene affidata al professor Corrado Mingardi, che ne accompagna tuttora la crescita. Al momento del suo insediamento la dotazione era di circa 5.000 volumi, mentre oggi si aggira intorno ai 65.000, con preziosissime rarità a cominciare dal fondo librario dei Gesuiti, composto fra l’altro da venti incunaboli e 480 cinquecentine, a cui si aggiungono numerose edizioni bodoniane, opere sei-settecentesche di medicina e scienze naturali e l’Encyclopedie di Diderot e d’Alembert.Un simile patrimonio richiede un luogo altrettanto prestigioso e le sale della biblioteca, ricavate nel palazzo del Monte di Pietà costruito tra il 1681 e l’82 su progetto dell’architetto ducale Domenico Valmaggini, su commissione di Ranuccio II, assolvono al compito in maniera eccelsa. Nove sale e tre magazzini, le principali arredate con scaffali di legno intagliato dei secoli XVIII e XIX, accolgono tre mezze giornate alla settimana chiunque voglia trascorrere alcune ore immerso in uno dei veri piaceri della vita: i libri. Ad accogliere gli ospiti il personale qualificato e il professor Mingardi, un “uomo di libri” come ama definirsi. Ogni giorno, da quarant’anni, il professore passa in queste sale, ne raccoglie gli umori e l’infinito piacere, ne impara ancora oggi i piccoli segreti che vi sono racchiusi nelle migliaia di pagine lunghe cinque secoli.“Sono all’incirca 9.000 i prestiti annuali e circa ottocento le persone iscritte a questa biblioteca che, è bene ricordarlo, è pubblica ma non civica; l’istituzione, pur svolgendo funzioni di biblioteca aperta a tutti, fa capo alla Fondazione Cariparma che ne sostiene tutte le spese di mantenimento e gestione. – spiega Corrado Mingardi – Gli utenti del servizio sono comunque ben più numerosi degli iscritti e arrivano da tutta la Bassa parmense e dai comuni piacentini limitrofi”.Quest’anno il professor Mingardi festeggia il quarantesimo anniversario di questo rapporto straordinario con la Biblioteca bussetana, quarant’anni di gestione sapiente i cui risultati sono agli occhi del mondo. Lo scopro mentre mi accompagna in giro per le sale dell’attiguo palazzo del Monte di Pietà, visitabile su richiesta, dove le sale sono rimaste immutate negli anni, con la quadreria e gli stessi arredi d’epoca, come il tavolo e le sedie su cui i consiglieri dell’epoca erogarono una borsa di studio triennale al giovane meritevole Giuseppe Verdi che potè, in siffatto modo, completare la sua formazione di musicista e compositore a Milano. Lo stesso Verdi, negli anni della maturità, ripagò il Monte con alcuni lasciti. Non ci resta che fare i migliori auguri al professor Mingardi e alla biblioteca di Busseto, suggerendo una visita davvero emozionante e ricca.


Luigi Franchi

La Crepa di Isola Dovarese


La piazza, soprattutto di sera, ti fa capire l’importanza che ebbe l’estetica in questi territori a ridosso del Po tra Cremona e Ferrara in cui regnarono corti illuminate come quelle dei Gonzaga e degli Estensi; edificata tra il 1587 e il 1590 per volere di Giulio Cesare Gonzaga ancor oggi è un’emozione, a maggior ragione se la visione la si coglie dalle finestre e dal portico della Crepa, il caffè enoteca ristorante dei fratelli Malinverno, collocato in un bel palazzo del XV secolo che si affaccia sulla piazza.Estetica che si mescola al buon gusto gastronomico è il massimo dell’esperienza che si possa fare. Il buon gusto alla Crepa vuol dire ambienti di classica eleganza che lasciano trasparire l’amore per la musica, vuol dire personale educato, vuol dire piatti che uniscono tradizione e ricerca possibili solo se la materia prima è di qualità straordinaria.Non ne cito neppure uno di questi piatti perché voglio essere il garante della sorpresa e dello stupore che si prova la prima volta che ci si accomoda ai tavoli della Crepa. Mentre cito la carta dei vini, frutto della riconosciuta storia dei fratelli Malinverno nel mondo del vino; ricca, molto ricca di proposte, che si possono acquistare nell’enoteca, insieme ad un’accurata selezione di prodotti gastronomici. Infine non parlo del loro gelato se non per dire che, da solo, vale il viaggio.


Luigi Franchi


Caffè Enoteca Ristorante La Crepa

Piazza Matteotti, 14

Isola Dovarese (CR)

Tel. 0375/396161

www.caffelacrepa.it

La Caffetteria del Palazzo a Cremona

La data di fondazione di Palazzo Trecchi è il 1496, così come ci riferisce lo storico cremonese del Seicento Giuseppe Bresciani il quale attribuisce all’architetto Giovan Donato Calvi, anch’egli cremonese, il progetto della nuova dimora.
Oggi il Palazzo è un centro molto dinamico di vita sociale e culturale che ospita congressi, ricevimenti, incontri culturali, mostre, oltre a proseguire nella sua attività di Centro studi di medicina veterinaria..All’interno trova posto un delizioso locale in cui ci si rifugia per godere veri e propri momenti di benessere: la Caffetteria del Palazzo. Aperta esattamente tre anni fa da Mila (le due note musicali, ama definirla suo marito Walter, consigliere delegato della società che gestisce le attività di Palazzo Trecchi), la Caffetteria si sviluppa in due accoglienti sale dove vengono proposte le migliori selezioni di bevande, dai caffè ai vini.Ma il “veramente bello” è il piccolo cortile giardino sul retro, un’autentica oasi di pace da cui ci si separa a fatica una volta seduti ad uno dei tavoli. Dentro e fuori, in diversi momenti dell’anno, vengono organizzati dei piccoli eventi di alta qualità, dalle degustazioni alle letture e alla musica.Mila e Walter, friulana e piemontese, arrivano da numerose esperienze nel settore alberghiero e l’impronta che hanno dato alla Caffetteria risente positivamente della loro visione del mondo: aperta e accogliente.


LF


La Caffetteria del Palazzo

Via Trecchi 20

26100 Cremona

Tel. 0372/406008

www.palazzotrecchi.it

Agriturismo Battibue

Ci si arriva percorrendo una bella lineare strada frequentata solo da persone che passeggiano in aperta campagna, a pochi minuti dalla città di Fiorenzuola d’Arda. L’entrata è costeggiata da alberi e recinti di cavalli e i primi a darvi il benvenuto sono gli animali da cortile che vagano in piena libertà.Un luogo che predispone al relax, uno dei buoni motivi per cui si sceglie una vacanza nella campagna piacentina.La fattoria è stata completamente restaurata senza cambiare nulla della sua struttura originale, a cominciare dall’antica ghiacciaia sovrastata dagli alberi secolari.Finalmente un vero agriturismo, verrebbe da dire; di quelli in cui i proprietari sono ancora veri contadini, nel senso più nobile che si può dare a questo mestiere fondamentalmente per l’umanità. Qui i rapporti tra cliente e gestore sono basati sulla stretta di mano, quella che basta per garantire fiducia e disponibilità reciproca.L’agriturismo Battibue mette a disposizione cinque camere, due bilocali con cucina attrezzata, una stanza biblioteca-ludoteca, un giardino per la lettura e un parco giochi per i bambini. E alle ore dedicate al cibo si può fare colazione o merenda nel verde del grande giardino d’estate, al calore di una sala con il camino d’inverno.Pranzi e cene sono scanditi da un trionfo di piatti e vini della tradizione piacentina, in due sale: una ricavata nel vecchio caseificio, i famosi caselli ottagonali della pianura emiliana, l’altra più piccola per piccoli gruppi.


tel. 0523/942314