lunedì 2 febbraio 2009

Di un vino mai bevuto..


Viviamo in un Paese dove ci sono oltre 350 zone vinicole a Denominazione d’Origine, con almeno una media di otto tipologie per zona, a cui si aggiungono tutte le etichette dei vini da tavola (migliaia e migliaia).
Uno scenario in cui la fantasia si arrampica su per i vetri per affermare un vino e quando mi sono imbattuto nel Rosso delle Donne, durante uno scambio di amicizia su Fb con Stefano Bonilli, vero maestro di social network, ho pensato “eccone un altro tentativo di targetizzazione del mercato (sigh).
Ma dopo che, dietro al Rosso delle Donne, è apparso il viso sereno di Paola Conti ho subito sperato che quel pensiero non fosse sfuggito nemmeno per sbaglio. Non ho ancora bevuto il Rosso delle Donne ma sono certo e pronto a sostenerne la straordinaria bontà: è un vino circondato da opere d’arte, da bellezza e intelligenza, dalla trasparenza morale della sua produttrice. Impossibile che non sia all’altezza. Aspetterò Vinitaly per degustarlo o forse andrò in cantina oppure me lo ritroverò in una qualche carta dei vini, ma potrei benissimo farne anche a meno perché anche solo visitare il sito di Paola Conti e delle sue sorelle è più che sufficiente per fare un viaggio intorno al vino e intorno all’arte.
Paola non parla mai di vino nelle sue conversazioni private e pubbliche, non usa gli strumenti di comunicazione per assillare l’umanità con le sue produzioni; attraverso i cosiddetti socialnetwork lei dispensa mus ica, arte, fotografia, letture e bellezza. Per questo improvvisamente viene voglia di conoscere cosa c’è dentro al Rosso delle Donne e allora si scopre una storia straordinaria come quella del Boca, che Cavour non esita a paragonare al gotha del vino internazionale affermando "...Or dunque rimane provato che le colline del Novarese possono gareggiare coi colli della Borgogna...".
Infine l’arte che si tocca con tutti i sensi a Castello Conti in un susseguirsi di eventi, mostre, installazioni, etichette d’artista. Un viaggio che vale la pena di intraprendere.

Galleria d’arte nella bottega artigiana


Sembra di essere nel Rinascimento, dove a bottega si cresceva come artisti. Ma invece siamo a Cremona nel 2009, nella bottega del ciabattino-artista Dicre, l’acronimo con cui firma i suoi quadri. Il posto è una vera bottega di artigiano, si suolano scarpe, si aggiustano borse ma è solo quella che si potrebbe definire integrazione di reddito perchè si sa, con l’arte molto spesso non si campa. La passione vera è però quella: dipingere. A volte in maniera un pò anarchica, come trapela dai tanti uadri appesi alle pareti, appoggiati a terra, affastellati nel retrobottega; altre volte con una linearità di gusto e sensibilità che scatena emozioni profonde. Guiseppe Dicrescenzo, in arte Dicre, dipinge da più di quarant’anni, ha cominciato a 15 e non ha mai smesso. Ha fatto mostre ma mai un’antologica, ha quadri collocati un pò ovunque (ricca è l’esposizione al ristorante San Gallo) ma la galleria d’arte vera è qui, in questa bottega sulla cui vetrina campeggia un’improbabile insegna al neon blu e rossa “Ciabattino express”. Se si guarda con una punta di attenzione in più, come richiede questa città un pò segreta, dietro alla vetrina ci sono prima i quadri, poi lui, poi gli attrezzi del mestiere di ciabattino.
Dicre – Ciabattino express – Via Garibotti 25 – Cremona – cell 328/7550187

Birra artigianale, una vera passione


Mastri birrai si diventa e non si nasce. Potrebbe cominciare così una qualsiasi delle mille storie di giovani italiani che, negli ultimi cinque anni, si sono letteralmente inventati un nuovo lavoro. Stanno spuntando come funghi un pò ovunque i birrifici artigianali, perchè non c’è un luogo vocato per fare la birra, ci vuole solo tanta tantissima curiosità e voglia di sperimentare.
E’ quello che hanno fatto Matteo Bocedi e sua moglie Isabella; lui psicologo, lei laureata in lingue. Il 20 settembre 2008 hanno aperto il loro birrificio “La buttiga” (bottega in dialetto piacentino). Si sono ritagliati uno spazio in una vecchia stalla risistemata alle porte di Piacenza, dove per andarci si segue dalla Via Emilia parmense l’indicazione Ciao Estate Danze, si supera un bed & breakfast, ci si trova in aperta campagna e si è arrivati.
Qui Matteo e Isabella producono, confezionano in belle bottiglie e vendono le loro birre; per ora quattro tipologie.
Polka è una birra chiara, Borgata è una birra ambrata, Sophia (la figlia di quattro anni) da il nome ad una stout, Kolja (il nomignolo in russo di Nicola, il figlio di 3 anni) invece lo dà ad una dooppio malto. Infine c’è Bon Nadal, la birra di Natale per cui, passate le feste, bisogna aspettare fino al prossimo 25 dicembre.
Un consiglio, non siate frettolosi nel berla altrimenti non va giù. Va bevuta lentamente, assaporando gusto e profumi. Del resto, andando da Matteo e Isabella la fretta non vi aiuta perchè loro vi raccontano tutto, ma proprio tutto delle loro birre. Tra poco sarà pronta Truffa, una birra al tartufo nero delle montagne piacentine. Da non perdere.
La Buttiga – Montale (Pc) – Strada Mottavecchia 31 – tel. 0523-572451

Un luogo di incontro


Non è solo un libro di ricette. E’ un racconto che si legge d’un fiato per la serenità che trasmette. E’ un piccolo manuale di storia e geografia che mette in risalto il ruolo che una città può avere, indipendentemente dai monumenti o da altre attrattive. Fiorenzuola, cittadina di medie dimensioni, è stata per secoli, e lo è tuttora, crocevia i genti e merci, che ne hanno contaminato stili e abitudini di vita, rendendola aperta e tollerante. La stessa cucina, che Silvana Chiesa ha raccolto e ordinato in questo bel libro realizzato grazie al sostegno di Coop Consumatori Nordest, ne risente. A Fiorenzuola, in pochi periodi dell’anno, si prepara la torta all’olio, un dolce di origini ebraiche incredibilmente soffice e profumato. Oppure si fanno gli anolini in maniera completamente diversa dal resto della provincia, con il ripieno di formaggio. Tutto questo e molto di più lo si scopre grazie al lavoro di Silvana Chiesa che ha intervistato le massaie della città e trascritto fedelmente i loro racconti.
Fiorenzuola in cucina ieri e oggi
Silvana Chiesa
Diabasis editore
€ 11,00

Luna crescente...luna nuova


Il piccolo editore ci ha creduto e ha fatto bene. Pubblicare un libro di poesia nel 2009 è una bella scommessa. Ma questo libro, oltre ad essere poesia davvero ha qualcosa in più: racconta una storia d’amore, forse anzi probabilmente vera. Una di quelle storie che ognuno vorrebbe vivere, comunque finisca: “...mi mancherai mia gioia e mio rimpianto, ma la vita, sai, mi chiama, mi urla di tornare, e la vita è mia...”.
Non sono un critico letterario, mi piace dire la mia sui libri che mi colpiscono e questo è uno di quelli. Non conoscevo Giusy fino alla sua richiesta d’amicizia su FB, lì ho scoperto la sua poesia (e questa scoperta da sola vale la pena che FB ci sia, contrariamente ai demonizzatori). Leggendo questa lunga poesia-racconto l’unico rimando che mi è venuto in mente è “Il cantico dei Cantici” del sec. X a.C., attribuito a Salomone: “...tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, sposa, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana!...”.
“..distenderò lenzuola d’argento e preparerò dolci di rose e di miele...”, scrive Giusy Cafari Panico. Che altro dire?

come la luna di giorno come la luna di notte
Giusy Cafaro Panico
LIR Edizioni
€ 7,00
www.libreriaromagnosi.com

Elena Amadei: chi vuole può venire a controllare


In una mattina piena di sole e di freddo del novembre scorso ero a Zibello, nel chiostro dell’ex convento domenicano, dove alcuni produttori stavano preparando il loro banchetto per il November Porc; nella confusione generale dei prodotti, salumi e formaggi e vini mi colpì l’elegante rigore di un banchetto su cui erano impilati dei vasetti dal tappo argentato.
Marmellate e confetture, un biglietto da vista raffinato come unico strumento di promozione, una minuscola donna che si metteva in ordine i barattoli come se dovesse allestire un set fotografico.
E’ così che ho conosciuto Elena Amadei, la minuscola donna che ricerca, produce, confeziona, presenta, vende le sue marmellate facendo tutto da sola.
Ha cominciato nel luglio scorso, in un ordinato ed efficiente laboratorio nei pressi del Fidenza Village, dove trascorre buona parte del suo tempo nella preparazione delle marmellate e dei liquori tradizionali. “per fare una produzione di marmellata ci impiego un giorno intero di lavoro”, mi racconta mentre continua a labvorare il mirtillo.
Che in solodoni vuol dire fare 130 vasi da 150 gr. ciascuno: perchè Elena i suoi vasetti gli riempie tutti a mano, e la sua frutta la taglia tutta a mano, e le sue etichette le mette tutte a mano.
Questo non significa fare le cose al risparmio ma farle con la massima cura, utilizzando la tecnologia nelle sue componenti migliori.
Ad esempio Elena fa cuocere la frutta non come si faceva un tempo mettendola a bollire per ore; in quel caso si perdono tutte le proprietà nutrizionali. Nel suo laboratorio la frutta viene messa in una macchina che toglie acqua, con una cottura a bassa temperatura, mantenendo intatti i valori nutritivi. Poi la frutta viene mescolata allo sciroppo d’agave, anzichè allo zucchero, senza alcuna altra aggiunta di pectina o additivi vari. Questa è la marmellata di Elena Amadei.
E i liquori? Limoncino, nocino, bargnolino e liquirizia stanno lentamente maturando nei fusti. Mentre in un piccolo contenitore sta affinandosi lo sburlon, il liquore di mele cotogne; “di questo ne ho fatto meno perchè grattuggiare le mele una ad una è un lavoro tosto”, afferma Elena.
“Non ho ancora completato il ciclo stagionale di tutta la frutta, avendo iniziato a luglio, per cui non sono in grado di dire uali e quanti saranno i prodotti che farò.” Solo questa affermazione credo che basti per dimostrare che qui non si scherza ma si segue il ritmo del tempo, come un tempo. E’ uno dei tanti esempi che Elena usa quando deve raccontare il motivo per cui assaporare i suoi prodotti.
Luigi Franchi